sabato 20 gennaio 2018

La morte di Giovina Jannello, moglie di Paolo Volponi


Sinistra per Urbino, appresa la scomparsa di Giovina Jannello Volponi, ne ricorda la curiosità intellettuale, la grande cultura e il forte legame con Urbino, dove ha trascorso  la sua vita dopo la morte del marito Paolo, e porge  alla figlia Caterina le più sentite condoglianze.

In suo ricordo pubblichiamo una parte di una sua recente intervista concessa alla giornalista Sandra Amurri, pubblicata il 12 febbraio 2014 su "Il Fatto Quotidiano".



“RENZI GETTA VIA I DIRITTI COME MELE MARCE”
     
Il premier cita Adriano, ma va a braccetto con l’opposto, Marchionne. Lui lascia chiudere le fabbriche e nella sua squadra c’è incompetenza.
    
 “Ripristiniamo la regola di un grande italiano, Adriano Olivetti, un esempio per l’Italia di oggi, al quale sono affezionato: il manager non può guadagnare più di dieci volte il salario di chi, in quell’azienda, prende meno di tutti”. Scatta l’applauso. Citazione renziana per vincere facile onde poi elogiare e andare a braccetto con Sergio Marchionne, l’anti Olivetti per antonomasia. La signora Giovina Jannello in Volponi, donna colta, delicata e discreta, una vita tra Adriano Olivetti – di cui è stata assistente personale – e Paolo Volponi – di cui è stata moglie e da cui ha avuto due figli – si dice indignata.
   
 “Questa, poi, mi era sfuggita. Ma come si fa a mettere a confronto due persone di questo genere, non lo trovo giusto, è un’assurdità! (ride tra il serio e il faceto, ndr) Renzi mi sembra un fiorentino di quelli supponenti. Io mi baso sulla prima impressione visiva, sulla fisiognomica, quel suo musetto da uccellino che becca di qua e di là non mi convince affatto e il suo comportamento è coerente con questa sua apparenza. Mi sembra che abbia il senso del comico, ma non del ridicolo. Posso sbagliarmi, posso peccare io di supponenza, ma lo trovo insopportabile. Mi indigna profondamente. Dovrebbero spiegargli chi era Adriano Olivetti, la sua idea di profitto intelligente non come fine ma come mezzo per arricchire la collettività. L’incontro tra cultura e impresa, indispensabile per sostenere il progresso industriale e per trasformare la fabbrica in luogo di elevazione materiale, culturale e sociale di quanti vi lavorano, che sente sulle spalle la responsabilità di mettere a disposizione del territorio lavoro, servizi, cultura, Adriano si dedicava agli asili, alle colonie, alle case, alla mensa, all’assistenza medica. Se non sbaglio Renzi le fabbriche lascia che vengano chiuse gettando in strada migliaia di famiglie, snobba i sindacati, getta via i diritti come fossero mele marce, va a braccetto con Marchionne che io trovo repellente. Adriano era un unicum molto particolare. Di lui ho un ricordo intenso e nitido, della sua applicazione del capitalismo umano. I suoi collaboratori, dirigenti o operai, erano parte dello stesso progetto. Renzi dice di ispirarsi a Olivetti, non mi sembra che lui si sia scelto collaboratori forti, equipaggiati, ma piuttosto che si astengano dalla critica per evitare complicazioni e mantenere la poltrona. Penso che questa sia una crisi aggravata dall’assenza di competenze e merito”.
     
     Però ha svecchiato la politica e ha portato molte donne al governo.
   
 “Magari fosse un problema di età. Andrebbe benissimo se ci fosse un allevamento di giovani fatto con serietà e giudizio. C’è una incompetenza, una sottocultura dominante, è evidente a chiunque, basta ascoltare certi discorsi. Pensi solo a chi siede in Parlamento, sembra incredibile, persone che mai avresti immaginato potessero rappresentarti, incolte, volgari e pure disoneste. Come è stato possibile che un Paese di antica civiltà e cultura sia caduto così in basso, che sia prevalsa la furbizia sull’intelligenza? Donne, ma che donne! Non giudico se sono belle o brutte ma ti domandi che ci stanno a fare. Il guaio è che vengono mischiate ad altre superficialità e vanità. Ricoprono ruoli vitali per la vita democratica senza averne i titoli. Le ascolti e capisci che sono esperte di generiche banalità”.

martedì 9 gennaio 2018

LA CRISI DEL PD E LA VICENDA MECHELLI



L’uscita dal Pd di Lino Mechelli,  che ha ricoperto incarichi di prestigio nelle istituzioni urbinati, evidenzia la grave crisi in cui si dibatte questo partito. Mechelli ha costituito un'associazione, “la Citta Ideale”, ma senza uscire da quel partito che ora, viste le varie spinte centrifughe, è costretto a richiamare all’ordine i dissenzienti e avviare un processo di normalizzazione. È evidente la crisi politica e di dirigenza di questo partito, che spinge varie figure rappresentative che non si rassegnano alla burocratica e anagrafica rottamazione renziana, a ricercare vie autonome e ibride tra la costituzione di un partito parallelo e un generico associazionismo. Alla ricerca di una leaderschip che tenga unito un partito che sta disgregandosi, il Pd ha cambiato persino il segretario. La sostituzione del renzista Scaramucci con Santi, non accompagnata da una riflessione sulle politiche degli ultimi anni, sembra più l’esito di lotte interne, piuttosto che un cambiamento nelle scelte politiche, fedeli alla linea renziana. Infatti non ci sono accenni autocritici sulle scelte amministrative delle ultime giunte a guida Pd, di cui del resto Santi, ne ha sempre costituito un valido perno. Per cui non si capiscono nemmeno le motivazioni del ribaltamento della segreteria, se non come  maquillage, la sostituzione di un renzista di ferro con un renziano. L’ultima controversa  vicenda della vendita delle quote pubbliche di MarcheMultiServizi e di Megasnet ne costituisce un esempio: non furono per primi il Pd pesarese e Ricci da presidente della Provincia a vendere le quote pubbliche di MMS, per fare cassa, senza che il Pd locale sollevasse rilievi e distinguo? Non sono stati i sindaci del Pd a votare la vendita delle proprie quote di Megasnet,? Non è nei programmi del Pd la cessione a privati  delle municipalizzate? Con quale coerenza si può ora innalzare la bandiera della difesa dell’interesse pubblico nella vendita delle quote di Megasnet e MarcheMultiServizi ?        
È vero che la città langue in una situazione economica, sociale e culturale preoccupante e che la Giunta Gambini si è rivelata incapace di avviare quei cambiamenti necessari e che la città si attendeva . Ma le ultime giunte Pd sono state determinanti per precipitare la città in questo stato, sulle cui politiche il Pd non ha avviato alcuna riflessione. Per il Pd la responsabilità è di Gambini con la sua Giunta, che sicuramente ci ha messo del suo, ma si assolvono le giunte precedenti, il cui operato venne sostenuto e attuato dagli odierni dirigenti del Pd. Come è possibile dare credibilità a una simile classe politica? Si illudono che gli urbinati non abbiano memoria? Per quanto riguarda Mechelli  (e il suo gruppo), è ormai evidente che si trova a brancolare nel buio e nella confusione più totali: dopo essere stato per decenni nel Pd, che - per noi in maniera impropria - si definisce di sinistra, ora scopre che destra e sinistra sono termini privi di significato, rifugiandosi così nel vecchio qualunquismo e populismo. Si parla in termini generici e banali di giovani, di possibile rinascita della città, senza indicarne le strade e gli strumenti. Ma in tutti quegli anni in cui ha fatto parte delle amministrazioni comunali e dei vertici del partito di governo, cosa faceva Mechelli per evitare che la città precipitasse ? Ora si presenta come colui che avrebbe le soluzioni in mano, e pontifica genericamente sui mali della città: ma cos’ha fatto quand’era assessore e nella maggioranza consiliare? Nulla. E quali riflessioni ha tratto dalle politiche liberiste e clientelari? Silenzio. Dobbiamo sperare che faccia qualcosa ora che non è presente né  in Consiglio e nemmeno in Giunta ? Solo chiacchiere elettorali e di propaganda. Oggi questa epurazione. Domani  toccherà a Londei, leader di quell’”Urbino Capoluogo”, da cui ne erano usciti  Mechelli e la sua “Città Ideale” rivaleggiando in proposte e iniziative simili? La crisi nel Pd continua.