mercoledì 11 novembre 2015

Perche' scioperare il 13 novembre

Pur condividendone spesso le ragioni, non ho mai aderito agli scioperi indetti dal sindacalismo di base, ritenendoli dispersivi , minoritari e, in sostanza, poco utili. Questa volta, però, di fronte alla posizione rinunciataria e attendista dei Confederali rispetto alla “buona scuola” divenuta legge, ho cambiato idea e il 13 novembre parteciperò allo sciopero indetto da Cobas, Unicobas e diverse altre associazioni di categoria.
Innanzitutto, per una questione di coerenza e assunzione di responsabilità: un anno intero di mobilitazioni contro il progetto governativo di una scuola dai forti connotati aziendalistici non può essere accantonato di fronte al fatto compiuto di una legge imposta nel disprezzo dell’opposizione quasi totale del mondo della scuola. Scioperare venerdì significa ribadire con forza che la partita non è chiusa, che è doveroso continuare a mettere in discussione gli aspetti più deleteri della L. 107.
Significa riportare l’attenzione sul modello di scuola che vogliamo consegnare alle generazioni future: gli insegnanti non si sono battuti per difendere interessi di categoria, ma per la salvaguardia della scuola pubblica, minacciata dalla strisciante privatizzazione introdotta dalla legge e che, a mio avviso, rappresenta solo una tappa di un più radicale disegno di eversione del sistema della formazione pubblica e del ruolo giuridico degli insegnanti.
La posta in gioco è alta e riguarda il Paese tutto. L’attitudine attendista di Confederali e Gilda consegna al disorientamento e alla solitudine i docenti che per l’inizio dell’anno, dopo il successo dello sciopero del 5 maggio e del blocco degli scrutini, si aspettavano indicazioni concrete di mobilitazione . Molte proposte erano emerse da Coordinamenti, gruppi di docenti e RSU (boicottaggio dei Comitati di valutazione,astensione da attività aggiuntive…). Invece, i grandi Sindacati si sono limitati ad indire una manifestazione nazionale del pubblico impiego (non uno sciopero ) per il 28 novembre, relegando in secondo piano la centralità e la specificità della scuola dove, attualmente, si gioca una partita complessa di assoluta rilevanza sociale e culturale.
Sciopererò per il contratto fermo da 6 anni, ma soprattutto per rivendicare la possibilità stessa di avere un contratto. Infatti, uno degli aspetti più distruttivi della L. 107 è che essa tende a sostituirsi alle disposizioni contrattuali precedenti. La proposta di contratto del Governo inserita nella legge di stabilità abilita i Dirigenti scolastici ad assumere, licenziare, punire e premiare i docenti, per i quali si propone un aumento salariale medio sugli 8 euro lordi!!! Evidentemente, per il governo l’elargizione dei 500 bonus per l’aggiornamento (del resto limitata agli insegnanti di ruolo) sostituisce il contratto. Dunque, scioperare venerdì significa ricordare che siamo ancora cittadini che dispongono di diritti garantiti dalla Costituzione e non sudditi riconoscenti per l’elemosina di un benevolo signore. Ancora una volta, è una battaglia di civiltà e democrazia!
Sciopererò per chiedere l’assunzione stabile dei precari abilitati o con 36 mesi di servizio: la realtà dei primi mesi di scuola smaschera le menzogne di Renzi e Giannini che avevano promesso la fine del precariato ed un grande piano di assunzioni .
Sono convinta che questo sciopero sia utile per fare capire al governo che non siamo rassegnati ed addomesticati ed ai grandi Sindacati che sappiamo e possiamo muoverci anche senza di loro, come avvenne 3 anni fa , quando l’allora ministro Profumo se ne uscì con la pazza idea di aumentare l’orario di lavoro a 24 ore di lezione frontale senza corrispettivo aumento salariale. La protesta partì dal basso e solo dopo il sindacato fornì il supporto organizzativo.
Quando- come sta avvenendo in questi giorni- si attacca il diritto di sciopero, invocandone da più parti una rigida regolamentazione che finisce per neutralizzarne la portata conflittuale, allora è sicuramente il momento di scioperare, prima che sia troppo tardi per poterlo ancora fare.
Fernanda Mazzoli

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