mercoledì 23 ottobre 2019

GAMBINI, VERSO LA LIQUIDAZIONE DEL CENTRO DI EDUCAZIONE AMBIENTALE “CASA DELLE VIGNE”.



Dopo aver lanciato l’attacco all’Istituto per la Storia del Movimento di Liberazione, Gambini continua nella sua opera di persecuzione di tutte le realtà non allineate con la sua amministrazione e ha avviato la liquidazione del Cea.
Prendendo a pretesto la richiesta di una sede per un servizio di volontariato a favore dei malati di Alzheimer, - iniziativa in sé nobile e da sostenere, ma non a scapito di altre attività parimenti necessarie -, il sindaco ha avviato un percorso che porterà all’eliminazione di fatto del Centro di Educazione Ambientale che da oltre vent’annii svolgeva la sua attività nella Casa delle Vigne. Questo Centro venne inaugurato nel lontano 1996 al termine di una lunga procedura amministrativa, con i Fondi Europei e con il contributo fondamentale dell’Amministrazione Provinciale, seguita dalla tenacia dell’allora assessore provinciale Fernando Arduini. E’ diventato col tempo un laboratorio dove le scolaresche acquisiscono le tematiche ambientali e vengono istruiti ai principi e alla pratiche dell’economia circolare, al rispetto e alla tutela del nostro ambiente naturale, e rappresenta per giovani e meno giovani un presidio e un osservatorio per dibattere di ambiente, dai grandi temi alle politiche amministrative che hanno ripercussioni sull’ambiente, e per proporre iniziative o pratiche per la sua conservazione.
Tutto ciò grazie all’impegno dei volontari di Legambiente e alla dedizione di Bruna Bernardini, una dei leader dell’associazione, che vi dedicò la sua vita e della quale in un momento così triste per il Cea ci piace ricordarne  l’impegno.
Per un sindaco come Gambini, che conosce solo un modello di sviluppo fatto di consumo di suolo, cemento, discarica e automobili in centro storico, questa presenza autonoma è intollerabile, come è intollerabile l’educazione dei giovani a una diversa sensibilità ambientale.
Mentre in tutto il mondo si diffonde la consapevolezza ecologista anche tramite a Greta Thunberg e ai Fridays for Future, grazie a Gambini Urbino rischia dunque di non avere più un Centro di Educazione Ambientale.
Gli spazi del Cea saranno momentaneamente ridotti al minimo e il numero degli alunni che vi potranno affluire sarà drasticamente ridotto così come le sue attività; che fine farà la sua biblioteca, luogo di ricerca per numerosi studenti ? (Ma già sappiamo già che l’attenzione ai libri e alla cultura non è il punto forte di questo sindaco e di questa giunta…).  E i fondi che la Regione annualmente stanzia per l’educazione ambientale?  Centinaia di libri, di riviste, di materiale audiovisivo e documentaristico, vengono intanto riposti in scatoloni per finire in qualche umido ripostiglio, ad ammuffire e diventare preda di topi e scarafaggi. Tante attività di laboratorio che hanno coinvolto centinaia di cittadini rischiano di saltare.
Ma se Legambiente, che gestisce il Cea, tace , rassegnata, ferita e  ripiegata su sé stessa, preoccupata di salvare il poco salvabile e in attesa di un prossimo trasferimento in “una riserva indiana”, Sinistra per Urbino non si piega ai diktat e invita le altre forze politiche della città a reagire a questa nuova prepotenza.

pubblicato da "Vivere Urbino" e "il Resto del Carlino" del 23.10.2919




giovedì 17 ottobre 2019

L'UNIVERSITA' NON E MERCE DI SCAMBIO POLITICO, BISOGNA CAMBIARE PROSPETTIVA.

Il PD di Matteo Ricci e i neo-alleati del M5S si appellano al Rettore Stocchi per portare pezzi di Università sulla costa. Se il centrodestra provinciale è insorto, il sindaco Gambini ha elevato una protesta molto tiepida contro un progetto che avrebbe ricadute negative sull’economia di Urbino, e lo ha fatto solo per non rompere con le forze con cui amministra e delle quali ha bisogno per ottenere, come si dice, l’agognata poltrona in Regione o a Roma. Lo stesso Stocchi, del resto, aveva in passato espresso parere favorevole alla riapertura di “Pesaro-Studi” e al trasferimento di alcuni centri di ricerca sulla costa.
Da una parte e dall’altra, decisioni strategiche per il futuro della città maturano sulla testa dei cittadini e, soprattutto, senza nessuna analisi dei contesti, nessuna idea dei bisogni formativi del territorio, nessuna previsione di sviluppo e nessun progetto complessivo, ma esclusivamente per piccoli interessi immediati e contingenti.
Siamo una forza politica responsabile e sappiamo che difendere Urbino non significa arroccarsi ma proporre soluzioni concrete a salvaguardia degli interessi di tutti i soggetti.
Va allora detto che i problemi sono ben altri rispetto a quelli sollevati sinora dal dibattito. In un contesto di trasformazione del sistema universitario nazionale che va verso una distinzione netta tra Università di ricerca che ricevono lauti finanziamenti e Università di sola didattica e sottofinanziate, spostare semplicemente pezzi di Università a Pesaro danneggerebbe Urbino senza produrre però vantaggi sostanziali all’Ateneo, che rimarrebbe una struttura fragile, di piccole dimensioni e strutturalmente incapace (lo si vede con il caos delle aule in questi giorni) di difendersi dalla competizione dei centri più avanzati.
Del tutto diverso è il ragionamento che bisogna fare, tenendo conto che in una situazione di debolezza analoga versano anche gli altri Atenei marchigiani, tranne – forse - Ancona.
Occorre, semmai, smetterla di farsi concorrenza e unire le forze, istituendo un organismo di concertazione permanente tra la Presidenza regionale, i Presidenti delle province marchigiane, i Sindaci dei Comuni sedi di Università, la Conferenza dei Rettori delle Università delle Marche, le Associazioni di categoria, i Sindacati, le rappresentanze degli studenti, al fine di programmare uno sviluppo regionale complessivo dell’offerta formativa delle Università che sia equilibrato e solidale nell’utilizzo delle risorse finanziarie. Indispensabile è anche il varo di un apposito Osservatorio, che valuti l’effettiva utilità dell’istituzione di nuovi corsi di laurea e di istituti di ricerca attraverso un costante monitoraggio delle richieste dei soggetti interessati, tenendo conto anche delle necessità in termini di infrastrutture relative ai collegamenti e ai servizi e all’eventuale ricaduta in termini di qualità sul territorio.
Inseguire i vantaggi del momento e utilizzare l’Università come merce di scambio politico farà solo danno. E’ il momento invece di cambiare prospettiva di sviluppo e di rimettere al centro una necessaria programmazione razionale delle risorse e degli investimenti nel settore della formazione.
Sinistra per Urbino

pubblicato sul "Resto del Carlino"e su "Vivere Urbino" del 16.10.19







 

martedì 8 ottobre 2019

SINISTRA PER URBINO: CONTINUA IL DISAGIO PER I RESIDENTI INTORNO ALLA DISCARICA DI CA’ LUCIO, CONTINUA L’AVVELENAMENTO DEL TERRITORIO



La discarica di Cà Lucio riapre per altri quattro anni in barba alla sentenza del consiglio di Stato,
dimostrando che i propositi di chiusura spesi nelle ultime due campagne elettorali da Gambini erano solo promesse per acquisire voti. I residenti dell’area per 2 km - come per il recente passato - saranno esentati dal pagare le tariffe sui rifiuti, come miserabile indennizzo per il disagio che sopportano.
Nulla pagano gli amministratori che hanno impiantato una discarica posta in un luogo inadatto, né l’azienda MarcheMultiServizi, subentrata nella gestione per trarne lauti profitti. Tutto pagano invece i cittadini, con le bollette della Tari e con i rischi alla propria salute.
Come già succede per il Parcheggio S. Lucia, di cui i cittadini sopportano il mutuo per una scelta del Pd e di Gambini, così per Cà Lucio tutti i cittadini vengono chiamati a rimediare alle scelte sbagliate degli amministratori (e anche qui c’entra Gambini).
Sapendo benissimo come stanno le cose, invece di avviare la chiusura in tempi rapidi, si è voluto proseguire per anni avvelenando un intero territorio. Si proseguirà adesso per raggiungere il totale di 418000 mc, sversando rifiuti sia del territorio che da fuori provincia. Siccome è dubbio che, migliorando la raccolta differenziata, i rifiuti urbani del territorio siano sufficienti a coprire la quota prefissata, si ricorrerà inoltre assai probabilmente al trasferimento di ulteriori rifiuti da fuori regione al fine di coprire le spese per il post mortem della discarica (ma i soldi del post mortem non dovevano essere già stati accantonati nel corso degli anni di gestione?). Permangono iquindi dubbi che la discarica possa chiudere nei quattro anni propagandati.  Tutto proseguirà quindi come in passato.
Invece di mostrare comprensione e lodare la pazienza dei cittadini, che hanno le case in un luogo in cui questi amministratori non trascorrerebbero nemmeno un weekend, invece di adoperarsi per una chiusura rapida di questa grave ferita per il territorio, di fronte alle legittime e competenti domande e obiezioni dei residenti, intanto, i colletti bianchi di Marchemultiservizi, stipendiati lautamente con le bollette dei contribuenti, durante l’ultima assemblea di Montesoffio reagivano con sorrisetti di compatimento. Il Sindaco, poi, si drizzava in piedi, alzando la voce con i consueti toni arroganti e minacciosi, come un sovrano assoluto indispettito si rivolge ai sudditi fastidiosi e alla plebe.
Basterebbe solo questo per invitare i cittadini di Montesoffio che hanno premiato Gambini alle ultime elezioni a riflettere sul voto espresso: vale la pena correre questi rischi per essere esentati dalla Tari?
Sinistra per Urbino continuerà a denunciare le condotte scriteriate di questa amministrazione di destra contro l’ambiente e la città. La salute non può essere monetizzata!!!