sabato 10 settembre 2016

I TERRORISTI SONO FRA NOI

Da mesi assistiamo ad una recrudescenza del terrorismo che ha giustamente impegnato analisti, politici, giornalisti , studiosi a vario titolo in un discorso pubblico a 360 gradi, volto ad investigarne le cause , a valutarne l'impatto sulla vita delle nostre società, ad ipotizzarne possibili sviluppi.
Auspicheremmo altrettanta attenzione e passione intellettuale nei riguardi di un tipo di terrorismo meno sanguinario sul breve periodo di quello truce e di facile effetto dei tagliagola dell'Isis, ma altrettanto pericoloso, se non altro per la sua natura sfuggente e la sua capacità di mimetizzarsi nelle pieghe rassicuranti di un discorso che si vorrebbe ammantato della neutralità presunta della scienza economica.
Ci riferiamo alla campagna scatenata da diversi giornali finanziari per appoggiare la riforma della Costituzione sulla quale i cittadini saranno chiamati a pronunciarsi nel referendum che si terrà, presumibilmente, a fine novembre.
Financial Times e Wall Street Journal, per citare solo i più noti ed influenti, già da mesi insistono sugli effetti devastanti che una vittoria del No potrebbe avere per l'economia del Paese, condannandolo  alla stagnazione qualora la riforma non passasse. Alcuni giorni fa, poi, Milano e Finanza online  ha rincarato la dose, rivelando che , secondo uno studio di un gruppo di ricerca della Goldman Sachs, il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena dipende dall'esito referendario. Infatti, si potrà avere un aumento di capitale da parte degli investitori solamente in caso di vittoria del Sì ,condizione essenziale  per garantire la stabilità politica. Non solo: il mancato salvataggio di MPS comporterà un effetto a cascata su tutto il sistema bancario italiano, finendo per orientare le decisioni degli investitori. Correntisti e risparmiatori sono avvertiti: se vogliono salvare il gruzzolo sanno come votare.
Questa  sin troppo facile equazione ( vittoria del sì= ripresa /vittoria del no= stagnazione)  non riesce a nascondere la sua natura meramente propagandistica. E' sufficiente ricordare che gli anni del boom economico si accompagnarono a continue crisi di governo che non compromisero certo quella crescita che portò l'Italia, uscita devastata dalla guerra, a divenire una delle prime potenze al mondo. Evidentemente, tanti e complessi e interdipendenti sono i fattori che innescano dinamiche espansive piuttosto che  recessive.
La semplificazione grossolana  è il coltello affilato, nascosto in una guaina di velluto, che  maneggiano i terroristi dell'informazione a libro paga delle fondazioni bancarie e della Confindustria, avvalorando i titoli cubitali con cui certa stampa sensazionalistica  un giorno sì e l'altro pure ci informa che i terroristi vivono in mezzo a noi.....
Eppure, deve esistere un rapporto fra riforma costituzionale e interessi economico-finanziari che alimenta gli attacchi degli integralisti finanziari di religione liberista contro la Costituzione.
Lasciamo la parola al rapporto sull'area euro della società finanziaria J.P.Morgan(28/5/2013):
"All'inizio della crisi ,si pensava che i problemi nazionali fossero di natura economica, ma poi si è capito che ci sono anche problemi di natura politica.Le Costituzioni e i sistemi politici dei Paesi della periferia meridionale,sorti in seguito alla caduta del fascismo,hanno caratteristiche non adatte al processo di integrazione economica.(....)Queste costituzioni mostrano una forte influenza socialista,riflesso della forza politica che le sinistre conquistarono dopo la caduta del fascismo.Perciò questi sistemi politici periferici hanno,tipicamente,caratteristiche come:governi deboli rispetto ai parlamenti,stati centrali deboli rispetto alle regioni,tutela costituzionale del diritto al lavoro,consenso basato sul clientelismo politico,diritto di protestare contro ogni cambiamento.La crisi è conseguenza di queste caratteristiche(....).Ma qualcosa sta cambiando:test essenziale sarà l'Italia dove il nuovo governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche".
Insomma, multinazionali e banche dettano l'agenda politica, i governi dei Paesi periferici obbediscono. Finalmente, l'abbiamo finita con l'ipocrisia! In cambio della sopravvivenza economica ci chiedono di rinunciare alla democrazia e ai diritti sociali e per poterlo fare al minor prezzo possibile approntano una campagna propagandistica basata sulla paura  e il ricatto , armi potenti di distruzione di massa  in un Paese già fortemente colpito dalla crisi economica e dalla disgregazione del tessuto sociale.
E' ancora una volta la Costituzione a fornirci , attraverso l'istituto del referendum, la possibilità di rispondere NO a questo ricatto, salvaguardando quel complicato equilibrio di pesi e contrappesi che garantisce un margine di democrazia in un mondo che i poteri economico-finanziario pretendono di controllare interamente.

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