martedì 30 ottobre 2018
COMUNICATO CONGIUNTO DI SINISTRA PER URBINO E LIBERI E UGUALI
Liberi
e Uguali (LeU) e Sinistra per Urbino hanno dato seguito al preliminare incontro
del 2 ottobre u.s. e si sono confrontati sulla situazione politica urbinate e
sulla possibilità di costruire un nuovo progetto della Sinistra alternativa al
Pd e alla coalizione promossa da Londei per sostenere la sua candidatura a
sindaco. Una deriva personalistica,
espressione di una degenerazione dell’idea stessa di democrazia rispetto a
quella che ci sta a cuore, dove le idee e i programmi per i cittadini sono
frutto di partecipazione e dialogo e non affidate ad un “unto del Signore” di
berlusconiana memoria.
LeU
e Sinistra per Urbino concordano sul fallimento
del Pd renziano e dei suoi epigoni in sede locale che hanno esaltato il primato
delle politiche liberiste in settori fondamentali come la sanità, i beni comuni
e l’ambiente.
Consapevoli
che la politica locale, se riflette la situazione generale del Paese, ha pur
sempre una sua specificità problematica, LeU e Sinistra per Urbino esprimono un
giudizio negativo sulla Giunta Gambini, sempre più spostata a destra, incapace
di elaborare un vero progetto utile per una città in caduta libera in settori
fondamentali quali la cultura, il commercio, un piano che contrasti la
desertificazione del centro storico e che investa su un turismo che migliori
l’offerta e la qualità dei servizi. Il vuoto di un progetto di ampio respiro è
stato riempito solo dal piccolo cabotaggio clientelare e da giochetti di
potere, incapace di valorizzare la
fondamentale funzione che Urbino può svolgere a vantaggio del territorio e della regione.
Una
situazione pesante di cui anche il Pd ha responsabilità per le scelte
effettuate dalle precedenti Giunte di centrosinistra a incominciare dal
progetto di Santa Lucia, sovradimensionato e inutile, che ha indebitato la città per vent’anni. Un PD sempre più
frantumato e isolato, lacerato dai personalismi e diviso se allearsi con Londei
o ricercare soluzione diverse. Una stagione che occorre lasciarsi alle
spalle non illudendosi di poter
attendere solo il fallimento altrui, ma proponendo un’idea di Sinistra davvero
innovativa nei programmi e radicata nei valori dell’antifascismo, della
democrazia, della partecipazione popolare e della primaria attenzione alle
fasce deboli della società urbinate.
In una fase nella quale anche a Urbino rischiano di
trovare spazio politiche reazionarie affini a quelle del governo Lega-5Stelle
(caccia al migrante per far dimenticare la flat tax regalata ai ricchi e il
condono per gli evasori fiscali), LeU e Sinistra per Urbino intendono rivolgersi con le loro proposte e
una propria lista, a tutti i cittadini che, abbandonati dalla Sinistra, intendano
contribuire a una svolta politico-amministrativa nelle prossime elezioni
comunali.
Liberi
e Uguali (LeU)
Sinistra
per Urbino
Urbino
22 ottobre 2018
Il comunicato è stato pubblicato su Vivere Urbino del 25 ottobre
e sul Resto del Carlino.
lunedì 15 ottobre 2018
IL NO DI SINISTRA PER URBINO ALL’”AGORA’ DUCALE” DEL MOVIMENTO 5 STELLE.
IL NO DI SINISTRA PER URBINO ALL’”AGORA’ DUCALE” DEL
MOVIMENTO 5 STELLE.
Sinistra per Urbino non parteciperà all’”Agorà
Ducale” tra tutte le forze politiche
organizzata dal Movimento 5 Stelle in quanto ritiene la proposta
alquanto sterile e priva di efficacia: una semplice occasione per le varie
forze in campo di sfoggiare il proprio bagaglio di promesse e buoni propositi
che, come di consueto, verranno disattesi negli anni di governo successivi. Il
tavolo proposto, d'altro canto, intende coinvolgere, senza alcuna distinzione,
sia chi per anni è stato responsabile del declino della città (PD in primo
luogo, Gambini-Forza Italia in secondo luogo) sia chi dall’opposizione ha
criticato l’operato delle Giunte in carica avanzando nuovi programmi e nuove
proposte. La presunta ricerca comune delle soluzioni “più intelligenti” che
ciascuna lista dovrebbe far propria, fa completa astrazione dagli interessi
sociali, dalle identità programmatiche e dalle culture politiche che
contraddistinguono ciascuna forza in campo. Per di più appare come un disegno
che si pone in evidente contrasto con quella dialettica democratica (fondata
sulla pluralità delle forze politiche) consistente in una maggioranza di
governo e in una opposizione che svolge il ruolo di controllo, critica e
stimolo della maggioranza. La proposta, non a caso, è già stata respinta da
altre forze politiche comunali perdendo quindi quello spirito di
rappresentatività che inizialmente l’aveva mossa.
Potremmo, piuttosto, ritenere utile avviare incontri
con il M5stelle di carattere bilaterale, dal momento che nel passato abbiamo
riscontrato una serie di convergenze, come quelle, ad esempio, in materia
ambientale. Si tenga tuttavia presente che Sinistra per Urbino nutre la più
profonda avversione verso le politiche sugli immigrati varate dal governo
Salvini– Di Maio, che reputa abbiano un carattere razzista e
anticostituzionale. La presa di distanza da tali politiche da parte del
M.5Stelle urbinate costituirebbe una importante premessa per tali incontri. Il nostro Movimento politico, allo stato
attuale, ha già incontrato “Liberi e Uguali”, allo scopo di verificare se
esistano i presupposti per un dialogo proficuo tra forze che si richiamano ai
valori della Sinistra, dopo che le componenti di questa formazione, uscendo dal
PD, hanno avviato una revisione critica
sulle politiche liberiste e sulle scelte amministrative delle scorse giunte
locali. Sinistra per Urbino auspica che questa formazione possa esprimere
un'inversione di rotta: che cessi di nutrire ancora inutili speranze verso quel
PD le cui politiche hanno creato il terreno fertile su cui è sorto questo
governo egemonizzato dalla Lega, e si impegni per la ricostituzione di una
sinistra di classe su solide radici culturali e sociali.
N.B. il comunicato è stato pubblicato su "Vivere Urbino" e in modo non integrale sul "Resto del Carlino" del 13.10.2018.
PROGRAMMA DI SINISTRA PER URBINO PRESENTATO NEL 2014
PENSIAMO DI FAR COSA GRADITA AI NOSTRI LETTORI PUBBLICANDO IL PROGRAMMA ELETTORALE PRESENTATO DA SINISTRA PER URBINO IN OCCASIONE DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE DEL 2014. CIO' PUO' COSTITUIRE UN UTILE STIMOLO PER PROPOSTE, DISCUSSIONI, MODIFICHE E TUTTO CIO' CHE TALE PROGRAMMA PUO' SUSCITARE.
SINISTRA PER URBINO-AGORÀ
CAMBIAMO LA CITTA' DAL BASSO
PROGRAMMA
Preambolo
"Sinistra per Urbino-Agorà"
costituisce una lista civica composta da uomini e donne accomunati da profonda
amarezza e delusione nei confronti di un'Amministrazione comunale che, anno
dopo anno, ha condotto la città verso un lento e inesorabile declino. Un
declino in parte provocato dalla crisi
economico-finanziaria che riguarda tutto l'Occidente e che ci imporrebbe di
ripensare su scala più ampia la razionalità dei modelli sociali in cui viviamo.
Tuttavia, da parte delle nostre classi dirigenti, si è reagito alla crisi
globale, salvaguardando non gli interessi dei lavoratori e dei ceti medi, ma
dei centri di potere economico-finanziari . Una modalità di affrontare la crisi
che, nella nostra realtà, non ha ricevuto come risposta un'opposizione politica
e sociale, ma un accoglimento persino favorevole e una cieca subordinazione.
Nel corso degli anni abbiamo visto così
prendere corpo, dentro e fuori le nostre mura, uno sfrenato processo di cementificazione che ha compromesso il nostro
patrimonio artistico e naturale piegandolo alla logica del profitto privato e
agli inconfessabili interessi di piccole grandi lobby professionali ed
affaristiche.
Le principali energie dell'Amministrazione
sono state tutte convogliate nella realizzazione di costruzioni
mastodontiche ed inquietanti, di cui gli
urbinati non hanno mai avvertito il bisogno. Il centro commerciale del Consorzio e il progetto di S.Lucia, tutti a ridosso delle mura storiche, hanno
sfregiato la città patrimonio dell'Unesco e compromesso un simbolo del
Rinascimento italiano.
A questo si aggiunge l'ampliamento
della discarica di Ca' Lucio, un
altro vanto di questa Amministrazione e del suo maggiore partito, il PD, che si
ripresenta alle elezioni con la solita irresponsabile autoreferenzialità e un
senso di ridicolo orgoglio rispetto ai disastri che ha provocato.
Questa Amministrazione non si è mai
preoccupata di ascoltare i bisogni dei propri cittadini, i loro malumori e i
loro desideri, di incoraggiare la partecipazione dal basso alla vita della
città. Ha trattato invece i cittadini come una massa amorfa e insignificante a
cui vale la pena rivolgersi soltanto al momento del voto.
Il modo
oligarchico con cui si è scelto di governare il territorio, sordo rispetto
alle esigenze dei suoi abitanti, privo di una reale trasparenza, non ha fatto
che accrescere la distanza tra la politica e la società civile, incrementando,
per altro, l'avversione verso le istituzioni e il ceto politico, sempre più privo ormai di ogni credibilità.
Contro questo avvilente declino che il
PD ha provocato e che continua a produrre,
contro la deturpazione ambientale e l'impoverimento culturale che stanno
strangolando la città colpendo anche il turismo, contro il quasi totale
abbandono e la trascuratezza in cui sono lasciate le strade, le scuole e gli
edifici pubblici, contro, infine, una gestione politica compiaciuta della
propria sordità, che nulla, se non colate di cemento ha saputo offrire ai
propri cittadini, "Sinistra per Urbino" propone un programma
incentrato su una radicale inversione di
rotta e un democratico e razionale
modello di sviluppo.
Riteniamo, infatti, che adoperandoci
insieme sia ancora possibile realizzare un modello più alto di democrazia e di
partecipazione alla vita pubblica, che da un lato combatta le politiche
predatorie e privatistiche della vecchia fallimentare gestione e, dall'altro,
sappia vincere quel diffuso senso collettivo di rassegnazione e di sfiducia
che, per quanto comprensibile, finisce
con l'essere funzionale soltanto al mantenimento degli attuali equilibri
di potere gestiti da una vera e propria oligarchia
politica e affaristica.
Proviamo a lottare insieme per un
riscatto complessivo. Non abbiamo nulla da perdere se non la nostra incertezza,
dobbiamo avere l'ambizione di contribuire a salvare Urbino e a proteggerla da altri prevedibili disastri
di una classe dirigente politica senza
pudore e senza futuro.
Lavoro
Nella nostra città il
lavoro, di fatto terziarizzato, si è da
sempre venuto regolando e strutturando intorno all’Università e alla scuola,
all’Amministrazione comunale, all’Ospedale. Per questo, nel passato, quando in Urbino si
parlava di lavoro, esso si identificava con il lavoro pubblico che assicurava a
molti il benessere sociale ed economico. Da oltre un decennio la situazione è
cambiata. Il mutamento è stato solo in parte determinato dal cosiddetto Patto di Stabilità che imponendo ai bilanci
comunali vincoli di spesa assai stringenti, è citato dagli amministratori
pubblici a giustificazione di ogni loro mancato intervento.
L’ autentico stravolgimento
è stato determinato dalle esternalizzazioni
a seguito delle quali moltissime
posizioni di lavoro, prima presenti nel
settore pubblico dei servizi essenziali, sono state appaltate a soggetti terzi
in specie a società cooperative aggiudicatarie degli appalti comunali.
Oggi un numero rilevante e sempre crescente di lavoratori e
lavoratrici di questo territorio sono alle dipendenze o collaborano con
cooperative sociali che gestiscono settori cruciali della vita di ognuno di
noi: si pensi all’istruzione e all’assistenza degli anziani. Le loro condizioni
di lavoro e di vita sono assai difficili. Spesso le loro, sono occupazioni a tempo
determinato, retribuite con paghe inadeguate rispetto all’impegno di lavoro
richiesto. Gli appalti nel settore dei servizi pubblici, anche nel nostro
Comune, sono spesso aggiudicati al ribasso.
Questo per i lavoratori addetti comporta una offerta lavorativa
caratterizzata da una sostanziale riduzione dell’orario di lavoro e dalla
richiesta di svolgere lo stesso servizio per ritrovarsi a fine mese con
compensi da fame. Fenomeni come quelli sopra descritti, sono riscontrabili in
ogni settore: dall’assistenza al settore delle pulizie, alla manutenzione di
cosa pubblica, in tutti questi settori i
lavoratori sono sempre più precari e sempre più in difficoltà economica.
La precarizzazione dei
rapporti di lavoro si riverbera inevitabilmente sul tessuto sociale della nostra comunità, sempre
più logorato e in difficoltà e sempre meno solidaristico.
In ragione di ciò occorre attivare l’immaginazione e la
volontà per costruire altre possibilità di lavoro per i nostri giovani e per le
persone adulte che l’abbiano perso. Questo -
di necessità - nell’ambito che in
maggior grado caratterizza il nostro territorio e che unisce strettamente arte,
ambiente, istruzione e cultura, turismo. Serve infatti promuovere nuove figure
che, avvalendosi anche di competenze acquisite in anni di studio, siano in
grado di organizzare eventi, incontri, seminari, convegni, mostre d’arte; che
possano adeguatamente gestire itinerari turistici e gastronomici, oltreché
artistici; che si impieghino, ad esempio, nelle attività della moda, se il
corso attualmente interno all’università potrà acquisire un respiro cittadino,
ma anche in nuove proposte di artigianato. Senza scordare le stamperie d’arte e
il mondo dell’incisione e del fumetto, in cui si possono ritagliare altrettante
occasioni di occupazione.
C’è però un altro
settore cui guardare e cui hanno guardato in tanti in Italia negli
ultimi anni. La crisi
economico-finanziaria, che ha depresso l’immaginario trionfante dell’Occidente,
ha accelerato processi molecolari di trasformazione culturale e sociale. Uomini
e donne dai profili culturali diversi e con una diversa età hanno cercato
approdi nuovi nelle nostre campagne. Praticando un’agricoltura alternativa e svolgendo funzioni non unicamente
destinate all’alimentazione. Sulla terra infatti non si producono soltanto beni
agricoli ma si protegge e si rielabora il paesaggio, si cura il suolo
rigenerandone la fertilità. E insieme si difende il terreno dall’erosione, si
alimenta la biodiversità agricola, si conserva la salubrità dell’aria e
dell’acqua, si tutelano il verde e l’ambiente. Valorizzando le risorse (terre,
acque, boschi) oggi abbandonate, si creano nuove economie senza ricorrere alle
“grandi opere” e alla cementificazione. Non si chiederà a nessuno di prendere
la strada della campagna, ma chi lo facesse dovrebbe ottenere il massimo
appoggio.
In questa
situazione di crisi, la prima attenzione deve essere rivolta a coloro che hanno
perso o possono perdere il proprio posto di lavoro, prevedendo forme di sostegno al reddito, capaci di fare
superare questo momento e azioni che attraverso la formazione possano evitare
l'emarginazione sociale e nello stesso tempo preparare il rientro nel mondo
della produzione mediante la riqualificazione professionale.
Proprio la crisi evidenzia la necessità di articolare,
diversificandolo, il nostro tessuto economico. In relazione alla crisi, i
settori che sembrano fornire più
opportunità occupazionali sono le attività connesse alla gestione delle risorse
ambientali e di quelle culturali, al turismo
nelle sue varie forme, all' agricoltura
biologica legata alla trasformazione e commercializzazione, all’ artigianato artistico. E con corsi di
formazione legati intelligentemente al mercato del lavoro.
In un momento in cui sempre più persone entrano nell’area
della marginalità e i trasferimenti di risorse da parte del Governo divengono
sempre più ridotti, diventa essenziale mettere in campo azioni atte a
promuovere lo sviluppo sociale delle persone e far sì che il ruolo pubblico nel
settore delle politiche di welfare venga salvaguardato e potenziato.
°Lavoratori migranti
Il problema dei lavoratori migranti richiede il
miglioramento dell'accoglienza e dei processi di integrazione. Ci impegniamo
pertanto a: potenziare l'ufficio
comunale preposto all'accoglienza, ripristinare
lo sportello del Comune di Ponte Armellina, inserire
un rappresentante, eletto dalle comunità dei migranti, in Consiglio comunale
con funzione consultiva e propositiva, attuare
forme di pressione affinché il Governo approvi il riconoscimento dello ius soli. Occorre porsi anche il
problema dell'insostenibilità abitativa di molte famiglie di stranieri,
comunitari ed extracomunitari, che abitano in grande maggioranza nelle
frazioni, scelta determinata dagli alti prezzi degli affitti del centro
storico. Per quanto riguarda Ponte
Armellina, dopo il fallimento del piano di recupero abitativo e ambientale,
che aveva portato ad un “Protocollo d'intesa” sottoscritto da Comune,
Provincia, ERAP e Cooperativa “Villaggio dell'amicizia”, il quartiere vede
ancora circa 150 famiglie, composte da nuclei di 3-5 persone, vivere in
monolocali di 30 mq. Si ritiene indispensabile favorire la coesistenza
multiculturale e l'integrazione con interventi mirati nelle scuole e la
destinazione di spazi culturali, ricreativi e di socializzazione comuni per
italiani e migranti. Nelle frazioni l'intervento pubblico è carente, anche se
mitigato dall'attività di volontariato ed è' quindi indispensabile migliorarlo
per renderlo più efficiente e coerente con l'obiettivo dell'integrazione.
Le Frazioni
L’architetto
Giancarlo De Carlo, che aveva redatto il PRG, nel 1973 fu sollevato
dall’incarico perché il suo progetto azzerava le frazioni. Ma intanto, a
distanza di sette anni dall’approvazione del PRG da parte del Consiglio
comunale, molte cose erano cambiate rendendo necessario un aggiornamento del
Piano per l’individuazione di nuovi insediamenti abitativi. L’allora sindaco
Mascioli, giustamente, optò per una rivitalizzazione delle Frazioni che avevano
resistito, l’esodo si era arrestato e il miglioramento
delle comunicazioni con il capoluogo le aveva tolte dall’isolamento. Ne
uscivano rafforzati i rapporti storici, economici e sociali su di un piano di
parità rispetto a quando erano comunità essenzialmente rurali e mezzadrili. I
problemi delle frazioni vanno collocati dunque nell’ottica di un rinnovato e innovativo rapporto con il
capoluogo da cui dipendono per i servizi essenziali superando l’idea che i
loro problemi possano essere “altri” rispetto a quelli più complessivi del
capoluogo.
°Potenziamento dei servizi e delle strutture
Nell’era telematica
centri abitati compresi nel raggio di 10 km debbono poter condividere le stesse opportunità economiche, culturali, sociali.
Sembrerebbe un concetto scontato, ma non lo è per tutte le frazioni del comune
di Urbino. Urbino/città ha perso i suoi abitanti e le frazioni, anche le più
vicine, Piansevero, Trasanni, Torre, Gadana, Piantata, Mazzaferro, Pallino, per
non parlare di Schieti, Camazzasette, Miniera, Montesoffio, Pieve di Cagna,
Canavaccio e altri minori agglomerati, vivono parzialmente se non totalmente
una realtà separata, epigone di
antiche consuetudini quando il rapporto con la città era sporadico e fisicamente lontano e i Paesi erano vere e
proprie comunità a sé stanti. E questo sebbene l’area artigianale/industriale di Canavaccio, contermine a
quella di Fermignano, completata molti anni prima e dislocata in posizione
assolutamente migliore, abbia visto nell’ultimo decennio un significativo
sviluppo e un considerevole aumento della popolazione residente. Ma forse si è perso il momento più favorevole dell’industrializzazione,
anche per l’insoddisfacente, se del tutto mancante, parallelo miglioramento
delle infrastrutture come il non ancora realizzato completamento della
Fano-Grosseto. L’attuale momento di crisi pregiudica una
crescita normale. Riteniamo quindi che non ci si possa permettere di perdere
anche il treno della ripresa e per questo è indispensabile una sinergia degli
imprenditori con la pubblica Amministrazione a tutti i livelli e in tutte le
aree artigianali-industriali del nostro territorio.
Iniziative tese ad avvicinare i centri del
potere e della proposta ai cittadini sono essenziali,cosi come la
comunicazione che necessita di essere programmata e fornita
di infrastrutture, come per esempio la banda
larga a copertura di tutto il Comune e anche di strumenti meno sofisticati
e più tradizionali come la biblioteca
pubblica intesa come centro polivalente di cultura, di associazione e
aggregazione civica. In definitiva
gli eventi sociali e culturali delle Frazioni, cosi come quelli della città,
devono costituire un unicum dell’area comunale ed estendersi al territorio
montefeltresco. L’azione
amministrativa non deve mirare all’accentramento delle opportunità e dell’offerta
ma a promuovere e garantire che
l’articolazione delle proposte raggiunga tutti e il massimo risultato. Il
migliore funzionamento dei servizi e delle strutture nelle frazioni sarà
garanzia di una condizione sociale, culturale, economica diffusa.
°Frazioni e immigrati
Connesse
al problema delle Frazioni sono le problematiche
dell’immigrazione perché un numero considerevole di immigrati vi risiede
Molti migranti, infatti, hanno acquisito la cittadinanza italiana, diversi di
loro vivono in Italia da 10/15 anni e i loro figli sono nati nel nostro Paese.
Il problema in sede locale non riguarda le leggi nazionali sull’immigrazione,
ma la gestione del fenomeno in loco, la
convivenza, l’integrazione, la scuola, i servizi sociali. A Trasanni il
problema è particolarmente sentito per il numero dei migranti in Paese e per la
concomitanza del vicino quartiere di Ponte
Armellina.
Gli
immigrati hanno occupato le costruzioni edilizie più degradate, abbandonate
dagli abitanti autoctoni e spesso ciò avviene nella forma del sovraffollamento:
appartamenti trasformati in condominio. Senza intervento pubblico la situazione
produce malessere, incomprensione e antagonismo che inevitabilmente può
degenerare in comportamenti e manifestazioni razziste da una parte ed emarginazione
e fenomeni delinquenziali dall’altra. Poiché
fonte primaria del malessere è l’abitazione, è da li che si deve partire.
A
questo proposito occorre porre mano anche al regolamento per l’assegnazione delle case popolari che è stato
redatto quando il fenomeno immigrazione era assente, onde evitare il rifiuto
della costruzione di nuove case popolari da parte dei cittadini italiani, come
avvenuto di recente a Canavaccio.
Cultura
Negli
ultimi decenni sono avanzate in primo piano figure di assessori e sindaci che
hanno confuso la programmazione della cultura con proposte legate ai loro
particolari interessi e quasi ad una loro “poetica”. All’incontrario, siamo
convinti che il primo compito di un amministratore pubblico dovrebbe essere
quello di offrire un pieno respiro alle attività culturali già presenti sul territorio: coinvolgendo
in primo luogo associazioni, enti, gruppi di lavoro, il mondo dell’università e
della scuola.
Malgrado la scarsità dei progetti e delle iniziative degli
ultimi anni, Urbino continua a presentare un tessuto variegato di
compagini teatrali, di esercizi
cinematografici, di appassionati della fotografia e professionisti del mondo dell’incisione e della
pittura (si pensi alle gallerie, alle stamperie, alle botteghe d’arte), di
librerie. Appoggiando e promuovendo il
loro lavoro e le loro scelte, si potrebbe
anche ridar vita ad un centro storico mortificato e in parte abbandonato
a se stesso, ma insieme frenare la
caduta di attività che corrono il rischio di scomparire.
Contemporaneamente occorre mettere in campo esperienze
culturali rivolte ai bambini e agli adolescenti (con laboratori creativi e di
interpretazione scenica, con letture, con un programma di educazione
ambientale) come anche agli anziani (con programmi accuratamente studiati), poi
agli ospiti stranieri, comunitari e non (pensiamo a momenti musicali e
gastronomici, che siano il luogo dell’incontro tra diverse culture), ai
cittadini e agli studenti (varando finalmente una Biblioteca cittadina ma anche
tornando alla buona pratica di presentazioni di libri e di mostre in grado di
valorizzare la creatività urbinate:
perché non pensare a una Casa della
poesia e dell’incisione, o a Caffè
letterari ?). Vien infine da sé che si debbano pensare programmazioni affini in tutte le
frazioni.
Ma la nostra città ha anche bisogno di
un avvenimento importante sul piano culturale ed artistico, che attiri
l’attenzione della stampa nazionale e dei media televisivi
richiamando al contempo un pubblico di specialisti e appassionati. Un evento
culturale ed artistico mirato e anche innovativo che, con una scansione annuale
e una ulteriore articolazione mensile, sia poi in grado di configurare professionalità e nuovi posti di lavoro. La
prima cosa che viene in mente è una grande Esposizione d’arte, o una Fiera e
mercato dell’incisione e delle arti plastiche contemporanee; ma si potrebbe
optare per un festival musicale o teatrale; oppure per un evento culturale che
leghi ad esempio moda ed arte ecc. Anche di questo serve discutere con i cittadini,
ma l’esigenza di una manifestazione all’altezza di quelle che si svolgono in
altri centri della provincia rimane imprescindibile.
Merita attenzione il progetto di Distretto culturale evoluto che questa Amministrazione non ha
saputo valorizzare, non ultima tra le motivazioni che hanno determinato
l'esclusione di Urbino da città europea della cultura per il 2019. Una
bocciatura inevitabile se fra i progetti portati alla valutazione della
Commissione c'erano anche ecomostri
architettonici ed infrastrutturali come l'ex Consorzio e S.Lucia. Hanno
prevalsa la superficialità e l'improvvisazione, l'inadeguatezza alla dimensione
europea del progetto culturale e l'adozione del tutto mancata di un approccio “dal
basso verso l'alto” per stimolare la partecipazione dei cittadini e della
società civile. Il motore del dossier
urbinate, inoltre, è stato di fatto costruito e gestito per intero dalla
Regione Marche invece di radicarsi nello sviluppo del Distretto culturale evoluto e nel Piano strategico comunale.
Se ben si comprende l’impulso dell’Unesco, il tema del distretto culturale evoluto da solo è in
grado di contenere tutti gli altri compreso quello del lavoro. Richiede appunto
un processo di evoluzione verso livelli di eccellenza in ogni ambito, ma con la
partecipazione consapevole di ogni cittadino, per costruire una nuova cultura
della comunità in ogni ambito della vita sociale e persino privata.
Non si è attribuita alla cultura la funzione di volano per
incentivare l'industria creativa e lo sviluppo di imprese ad alta tecnologia e
il turismo, più che acceleratore e collante di processi innovativi è stato esaltato come unica soluzione per
tutti i problemi.
Riteniamo, quindi,
che non vada abbandonato il progetto di Distretto culturale evoluto e che si debba lavorare al progetto
annuale di capitale italiana della cultura, se l'attuale governo provvederà a finanziarlo.
Si porrà in generale una maggiore attenzione per le attività
delle associazioni culturali cittadine aumentando i contributi per le loro
attività, con particolare riferimento alle due realtà più prestigiose come la Cappella musicale e l' Accademia Raffaello che sono a rischio
chiusura per la drastica riduzione dei finanziamenti da parte del Comune. Ma
fare cultura è anche promuovere l’integrazione culturale. Urbino non è in
genere una città ospitale nei riguardi dei suoi ospiti, sia comunitari che
extracomunitari. E’ necessario oltre che sensato e civile modificare questo
atteggiamento offrendo spazi e ascolto alla cultura degli altri in un rapporto
armonioso con le nostre culture locali
°Biblioteca comunale
Esiste in Urbino l’esigenza di
istituire una Biblioteca Comunale che dovrebbe avere le caratteristiche di un
centro polivalente per molteplici attività culturali. e di socializzazione e
aggregazione generazionale e stimolo allo sviluppo dello spirito civico. E'
necessario, però, dotare il progetto degli indispensabili studi preparatori,
capacità del committente di esprimere le esigenze reali del territorio, analisi
quantitativa e qualitativa del bacino di utenza per individuarne i bisogni,
indagini di mercato. Un progetto, insomma, che individui la tipologia
bibliotecaria a misura dei bisogni della nostra Città indicandone le concrete fasi di localizzazione
e di realizzazione. Per quanto riguarda la tipologia si ritiene che l'opzione
debba essere ancorata alla sua fattibilità in tempi relativamente brevi. Sembra
ancora valida, quindi, la tipologia della biblioteca di servizio, quella per
tutti, sul modello anglosassone e scandinavo delle public libreries spuntate un
po' ovunque in Italia negli anni Settanta
per iniziativa delle amministrazioni locali. Altre opzioni sono
improponibili nella nostra realtà per gli alti costi di realizzo e di gestione
e il sovradimensionamento delle finalità e degli obiettivi.
Certo la Biblioteca Comunale dovrà tenere conto di tutto
questo, ma soprattutto ancorarsi alla realtà urbinate. Una realtà dove hanno
sede numerose facoltà e istituti universitari che dispongono di una biblioteca
centrale e di due altre importanti a
Giurisprudenza e al Polo scientifico dell'ex Sogesta e di proprie biblioteche,
tutte in gran parte informatizzate e collegate al SBN. E tuttavia i nostri
cittadini del centro storico e delle frazioni hanno diritto ad una biblioteca.
Per chi istituire, dunque, una Biblioteca Comunale a Urbino
e per quale tipologia di utenti? Questo é il problema. Ha senso pensare a una
biblioteca pubblica ubicata nel centro storico con così pochi residenti, molti dei quali
anziani, senza più bambini e fittamente, invece, popolato dagli studenti? In queste condizioni e in questo contesto,
come può una biblioteca stimolare l'incontro tra le diverse anime della città?
Tutto questo è francamente poco realistico. Occorre prendere atto che l'idea di
una Biblioteca Comunale a Urbino non regge, non ha futuro, se non come
biblioteca che offra un servizio diverso e alternativo a quello rappresentato
dalle biblioteche dell'Università. Una biblioteca
di servizio, appunto, con materiale librario, sonoro e visivo (cinema,
teatro, musica ecc.), con sezioni per studenti delle scuole e per adulti, dotata di emeroteca dove sia
fruibile la consultazione di quotidiani e periodici correnti.
La
Biblioteca Comunale dovrebbe poter ospitare una sezione specialistica costituita dalla acquisizione in copia del
patrimonio librario del Duca Federico e di Ottaviano degli Ubaldini, ora alla
Vaticana. Ad essa andrebbe accorpato, segnale di un luogo identitario
cittadino, l' Archivio storico del
Comune attualmente smembrato tra la Biblioteca Centrale dell'Università e gli angusti locali sottostanti la Scuola
Media “Volponi”, in alternativa alla realizzazione del Polo archivistico
territoriale a palazzo Gherardi il cui
restauro, però, non dispone di un adeguato finanziamento.
Una soluzione, quella che si propone, in linea con i
suggerimenti dello stesso Manifesto
dell'Unesco che fissa i principi delle biblioteche pubbliche invitando ad adeguarle ai mutamenti della
società e ai particolari contesti, suggerendo un mix di materiali e di nuovi
media. Una biblioteca il cui primo nucleo non richiederebbe una spesa eccessiva
e che andrebbe dotata, inizialmente, di opere di carattere generale e di
consultazione e in seguito arricchita di specifico patrimonio librario di più
vasta e diffusa richiesta: dalla letteratura alla divulgazione scientifica,
dalla storia alle scienze umane e sociali ecc.
La Biblioteca Comunale potrà e dovrà costituire un'occasione
di lavoro per imprese di giovani a cui darla in gestione come è avvenuto a
Genova per la “Berio”, tutta informatizzata dal catalogo al prestito. Quanto
all'ubicazione è preferibile un'area-cerniera tra il centro storico e
l'immediata periferia dotata di parcheggi
e di strutture adeguate di ricezione e accoglienza.
Ambiente e qualità della vita
L’attività
amministrativa dovrà essere improntata a criteri di sostenibilità ambientale ed
ecologici, in quanto l’ambientalismo non può essere un settore a parte o
segregato come lo è stato spesso nel passato. Tutti gli assessorati avranno
come principio guida il rispetto ambientale e i principi ecologici e come
obiettivo la sostenibilità ambientale e la qualità della vita del cittadino. Occorre
invertire l’indirizzo della Giunta dell’ultima legislatura, quando si è
privilegiato concentrarsi sulle grandi opere, che non hanno portato né turismo
e benessere, né occupazione, come propagandava l’amministrazione uscente del
PD, bensì un impoverimento della città, che ha visto alienarsi importanti zone
e terreni del patrimonio pubblico a favore della proprietà privata immobiliare.
°Acqua pubblica e
risparmio idrico
Nel 2012 il popolo italiano ha
sancito che l’erogazione dell’acqua deve tornare ad essere pubblica, ma questo risultato
di storica importanza è stato completamente disatteso: anzi si è proseguito
nella direzione della privatizzazione.
Riteniamo che si debba intraprendere un processo di ripubblicizzazione dell’acqua, togliendo questo servizio essenziale dalle logiche del
profitto privato, attraverso la massima trasparenza e il controllo della cittadinanza.
Gli utili non dovranno più ingrossare i profitti dei privati ma essere
reinvestiti per rendere efficiente la rete di distribuzione e i depuratori,
dotandone quelle zone, frazioni e quartieri, che ne sono privi, onde consentire
ai nostri fiumi di ricevere acque non putride e inquinanti.
°Mobilità
urbana
E’ necessario avviare un piano
della mobilità per permettere la vivibilità delle zone residenziali delle
Circonvallazioni (Piansevero, Giro dei Debitori) e nello stesso tempo
permettere una fluidità del traffico, evitando i noti intasamenti nelle ore e
nelle zone che oramai tutti conoscono. Non è possibile che una piccola città
come Urbino conosca gli ingorghi e i tempi di attesa della grande città.
A questo proposito va rivisto il piano degli orari, delle
corse e delle tariffe del trasporto pubblico, per renderlo efficiente,
economico e conveniente rispetto al trasporto privato. Meno auto avremo sulla
cintura immediatamente intorno ad Urbino e minori saranno i costi sociali e
individuali per i cittadini.
In questa direzione vanno la pedonalizzazione del centro storico, la revisione dei permessi per
accedere al Centro, la riappropriazione dei marciapiedi (vedi zona davanti alla
Farmacia comunale e alla tabaccheria di Piansevero), la costruzione di piste pedonali (ad esempio dai Collegi a Mazzaferro), di
piste ciclabili (ad es. La Piantata – Centro e Mazzaferro – Centro), occorre valorizzare la cinta muraria liberandola
da ogni tipo di vegetazione arborea e predisporre un studio per la sua illuminazione.
Urbino è indubbiamente una città a misura d’uomo ma secondo
i parametri del 1400. Nonostante i miglioramenti, evidentissimi, questa “città
ideale” respinge, per la sua
morfologia, la persona affetta da una grande disabilità, motoria in particolare.
L’impegno è quello di meglio adattare Urbino a questo tipo di abitante che, in
precedenza è stato, non si vuole dire ignorato, ma bensì considerato cittadino
di seconda classe: questo implica un
superamento delle barriere architettoniche ed un adeguamento di mezzi e
locali, rendendoli adatti ad ospitare ogni genere di persona, a prescindere
dalla sua condizione fisica. Oltre a questo non si dimentica la necessità di migliorare l’assistenza ai disabili da
parte di personale specializzato.
Siamo a favore del ripristino
della tratta ferroviaria Urbino – Fano, secondo quanto auspicava lo stesso
Piano regolatore di De Carlo per consentire un veloce collegamento con la
costa, senza gravare su arterie stradali già appesantite dal traffico.
A questo proposito ci impegniamo affinché la tratta ferroviaria non venga svenduta a
enti o privati e rimanga unita nella sua integrità. Non è accettabile che si
possa ripetere un'ulteriore alienazione del patrimonio pubblico come è avvenuto
con la vendita dei terreni della vecchia Stazione di Urbino alla Benelli Armi:
conservare stazione e tracciato nella loro integrità esprime un impegno
politico per la rinascita della ferrovia.
°Recupero
degli immobili pubblici contro il consumo di suolo
Anche nella nostra città c’è stato un
eccessivo consumo di suolo, spesso non giustificato e legato più alle esigenze
di una rendita di pochi a scapito della salvaguardia di un patrimonio
paesaggistico che è di tutti. Con un ulteriore consumo di suolo non solo si
arreca un danno paesaggistico, ma spesso si provocano dissesti geologici con
frane e smottamenti.
Bisogna quindi porre un freno
ad ulteriori costruzioni, privilegiando il recupero
ad uso abitativo di immobili
pubblici del Centro storico per giovani coppie di basso reddito e a prezzi
calmierati. Lo stesso dicasi per i locali di proprietà pubblica del Centro,
delle frazioni e delle zone periferiche, spesso dismessi e abbandonati, da
utilizzare, sempre a prezzi calmierati, per imprenditorialità giovanili di
qualità ed eccellenza, con un particolare riguardo verso le attività
artigianali.
E' necessario agevolare,
invece, piccoli ampliamenti di case coloniche nelle zone rurali per
permettere a giovani coppie di convivere con i loro anziani, vincolandoli alla
residenza.
°Chiusura
della discarica di Ca'Lucio e
raccolta differenziata
La
protesta contro il dissennato ampliamento della discarica di Cà Lucio, ha
portato ad una presa di coscienza generale sull’attuale discarica e su un
moderno trattamento di rifiuti. Oramai tutti sono consapevoli che quella
discarica va chiusa al più presto, perché è un sito non idoneo, e Urbino,
soprattutto i residenti di Montesoffio, hanno già sopportato per troppo tempo i
disagi e i danni di una discarica problematica, a poca distanza in linea d’aria
dalle residenze.
Pertanto si propone:
1. chiusura della
discarica e trasferimento dei rifiuti nelle altre discariche esistenti in
provincia, che hanno una volumetria programmata per ulteriori 2 milioni di
metri cubi;
2. avvio immediato della raccolta
differenziata spinta porta a porta, per rientrare da subito nei parametri
di legge del 60% (il nostro Comune, ancora oggi fermo a poco più del 45% di
differenziata, avrebbe dovuto raggiungere il 60% entro il 2011) ciò perché i
cittadini non siano costretti a pagare un costo maggiorato e perché si raggiunga l’85% della differenziata, quota
che già altri comuni d’Italia e delle Marche hanno conseguito;
3. osservanza dell'obbligo della Carta dei servizi da parte dell'Azienda incaricata.
E'
necessario altresì coinvolgere i comuni limitrofi perché raggiungano anch’essi
pari quote di Raccolta Differenziata e costituiscano un consorzio del
trattamento dei rifiuti che sottragga questo settore, molto delicato e dietro cui
scorrono fiumi di denaro, alle logiche di profitto consentendo il ritorno alla gestione
pubblica.
Avviare,
grazie all’attività degli operatori e dei volontari del Centro di Educazione
Ambientale, una capillare informazione sulle Cinque R (raccolta, riciclo,
riuso, riduzione, recupero) e avviare una politica normativa che affianchi e
avvalori tale campagna educativa e informativa.
°Energia
Il Comune deve farsi promotore di una politica energetica che si basi sul risparmio, l'efficienza e lo
sviluppo delle fonti rinnovabili. A questo proposito intendiamo avviare una
revisione per adeguare l’illuminazione pubblica e gli edifici pubblici alle
nuove tecnologie ed agli standard di maggior risparmio ed efficienza.
Inoltre ci si impegna ad adottare un piano efficiente ed
ecosostenibile per dotare scuole ed edifici pubblici (che non rientrino nei
vincoli storici e paesaggistici di pregio) di impianti fotovoltaici e a solare
termico.
Le opere di manutenzione
ordinaria e straordinaria delle
scuole dovranno essere eseguite secondo le più moderne tecniche
ambientali utilizzando materiali
ecologici e non inquinanti. Le nuove generazioni devono crescere in un ambiente
sano, educativo e pulito, che rispetta la salute: il Comune deve esserne il
garante e dare l'esempio.
Ospedale e Piano
Sanitario
La sanità è la voce di spesa
più alta del bilancio della Regione Marche. L’invecchiamento della popolazione,
casi di cattiva gestione e la crisi economica ha accelerato i processi, da
tempo in atto, di contenimento della spesa con meccanismi vari tra cui la diminuzione
dei posti letto, dei giorni di degenza e
la contrazione dei servizi.
L’unità
sanitaria di alta specialità della Provincia di Pesaro-Urbino sarà quella di
cui tanto si parla da costruire a Fosso Sejore, in un ‘area, tra l’altro, di
proprietà privata e di pregio ambientale, senza tenere in alcun conto
dell’utenza dell’entroterra provinciale. Se ne parla a Pesaro e Fano come se
l’utenza di Urbino, Urbania, Fermignano, Cagli , Sassocorvaro, Pergola, ecc.
non fosse altrettanto interessata e quella struttura non a caso denominata
Marche Nord.
°Integrazione sanitaria regionale
Si
procede verso l’accorpamento, la cui validità è tutta da dimostrare, come se
tutta la questione avesse soltanto una valenza economica consistente in una
riduzione dei costi, in mera riduzione dei volumi e di efficienza aziendale
dimenticando che “l’oggetto” della sanità
sono le persone. La questione strategica dell’integrazione socio-sanitaria
in cui entrano in gioco i Comuni cui fanno capo i servizi territoriali (
anziani, handicap, salute mentale, dipendenze e minori ), le funzioni dei
piccoli ospedali di polo ( Pergola, Cagli, Fossombrone e Sassocorvaro ) e il ruolo appropriato dell’ospedale di rete
di Urbino risultano assenti in una logica che lentamente li depotenzia con
un processo indolore che nulla ha di strategico e razionale se non il
compimento di una operazione finanziaria che non susciti opposizione da parte
degli ignari interessati.
La
grave mancanza di risorse rende indispensabile una riorganizzazione della Sanità Marchigiana. Pur riconoscendo che il
centro dell’interesse è il cittadino, il sistema non può sopportare 32 o più
“Ospedali”, se ormai così si possono chiamare,
perché sono stati quasi completamente destrutturati. Nel Piano Sanitario
Cagli e Fossombrone devono diventare “lungodegenze” mentre per Sassocorvaro e
Pergola è previsto solo un Punto di Primo Intervento. Fondamentale sarà dunque la sopravvivenza e il potenziamento di Urbino
che è un Ospedale di Rete.
Nel
dibattito provinciale il problema della
sede dell’ “Area Vasta” è stato risolto tra Pesaro e Fano ed ubicata a
Fano. Va precisato che dell’Area Vasta non fanno parte le strutture ospedaliere
di Pesaro e Fano che costituiscono il centro
unico ospedaliero Marche Nord, mentre ne fanno parte le strutture ospedaliere
di Urbino, Pergola,Cagli, Fossombrone, Sassocorvaro.
A
quale razionalità obbedisce la dislocazione degli uffici a Fano se l’utenza e
le strutture si trovano sparse nell’entroterra provinciale? Il Comune di Urbino
si è espresso affinché la sede fosse nella nostra città. Ma chi si è accorto
delle proteste urbinati? Sono stati coinvolti gli altri Comuni dell’entroterra?
E’ stata organizzata una benché minima mobilitazione attorno al problema? Urbino perde pezzi senza protestare. Gli
amministratori non hanno contato e ottenuto nulla in sede provinciale. Come per
la ferrovia si piangerà sul latte versato.
Il
Sindaco di Urbino ripete con ostinata
insistenza che l’Ospedale di Urbino gode ottima salute e che come Ospedale di
rete sarà sede di eccellenze. Tutto intorno suggerisce il contrario; si
denuncia un depotenziamento silenzioso ma
consistente delle prestazioni sanitarie che porterà inevitabilmente
all’impossibilità di fornire risposte sanitarie soddisfacenti.
° Le problematiche da affrontare
La lista
civica "Sinistra per Urbino - Agorà" affronterà da subito le
problematiche esposte e in via prioritaria i seguenti punti:
- Calo dei numero dei
reparti con possibilità di chiusura del punto nascita se sotto i 500/anno e
quindi difficoltà di mantenere aperto
l’U.O. di Ginecologia che è stato nel tempo un fiore all’occhiello
dell’ospedale urbinate.
- Localizzazione
dell’Area Vasta a Fano e trasferimento di gran parte del personale
amministrativo in quella città.
- Nomine dei Primari
di Reparto secondo criteri estranei al merito che hanno come conseguenza
una governance dei Reparti stessi
mediocre e non all’altezza. I Pazienti sono dirottati dai Medici Curanti verso
altri Nosocomi e quindi i posti letto sono sottoutilizzati, motivo validissimo
per chiudere i Reparti da parte della
Regione. Il Sindaco ed il suo entourage ne sono
a perfetta conoscenza, ma non è stato fatto nulla da nessuno per sanare
questa imbarazzante situazione.
- Personale
amministrativo eccedente rispetto al sanitario causa operazioni
amministrative prive di progettualità e pianificazione (una unità addetta solo
a redigere un giornalino locale!).
- Mancanza quasi totale della filiera che accompagna il
paziente dalla struttura alla abitazione attraverso il medico di base
- La prevenzione, ora completamente ignorata,
dovrà essere una priorità assoluta e
la medicina scolastica sarà
ridefinita per diventare una articolazione fondamentale della prevenzione.
- La riduzione dei tempi delle liste di
attesa a avvio di percorsi privilegiati per visite ed esami urgenti
- Progettare
iniziative che favoriscano l’integrazione
socio- sanitaria tra Distretto sanitario e
servizi sociali del Comune
° Centro abitativo per anziani del “Padiglione”
Il centro abitativo e sociale per anziani del Padiglione è la risposta della
Amministrazione al problema degli anziani. E’ pensiero condiviso che l’anziano
debba essere aiutato a restare nel proprio ambito sociale e nella propria
famiglia, e, quando ciò non è possibile, operare comunque affinché questo
legame non si spezzi. Definiti in modo chiaro e condiviso gli obiettivi con
l'utenza questi devono condizionare l’organizzazione interna del centro.
L'affidamento della gestione del centro Padiglione ad una società privata con
la quale il Comune si è pure preventivamente indebitato non fornisce affatto
garanzie. Allo stato delle cose l'unico rimedio ci sembra un controllo continuo e strutturato da parte
dell'utenza. Sul piano urbanistico ci sembra assolutamente priva di logica l'assenza di un'area verde di pertinenza
quando, in Paesi sottosviluppati, Emergency ritiene terapeutica un'area verde
attorno alle strutture.
Turismo e
Artigianato
La politica
dell'Amministrazione comunale sul turismo, al di là dell'autorappresentazione
dell'assessore di riferimento, si è caratterizzata soprattutto per l'assenza di
progetti concreti e realizzabili nel medio e lungo periodo e la promozione,
attraverso il turismo, di una rinascita culturale ed economica stabile nel
tempo. L'idea di trasformare addirittura Urbino in una smart city ha fatto da corollario a progetti sovradimensionati,
irrealizzabili ed inutili alle esigenze della Città.
Occorre partire, per qualsiasi progetto, da alcune priorità
imprescindibili: potenziare la
qualità della promozione, migliorare
l'accoglienza, rivedere l'arredo
urbano e pedonalizzare il centro
storico liberandolo sul serio dalla
privatizzazione imposta dalle auto per restituirlo all'uso pubblico.
Si
tratta di presupposti indispensabili per attirare il turismo colto e prolungare
la permanenza dei visitatori nel territorio facendo dei passi in avanti
rispetto all'ordinaria amministrazione e alla Festa del duca.
Importante è il collegamento con il BIT, la Borsa
internazionale del turismo, ma anche con la Borsa del turismo delle 100 Città
d'arte, attiva da qualche anno, che rappresenta la
"promo-commercializzazione della rete
culturale e artistica italiana", attraverso un'area espositiva
promozionale e commerciale per i borghi e i centri d'arte italiani.
E' necessario stare al passo con le novità emergenti come il
turismo creativo, considerato il
turismo di nuova generazione, che intende coinvolgere i visitatori nelle
attività culturali e ludiche della città. Non va sottovalutata l'importanza di forme di turismo sostenibile e responsabile:
garantire la qualità dell'accoglienza e dell'ospitalità di B&B, agriturismi
e alberghi; integrare la gestione di tutte le risorse in modo che le esigenze
economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte senza alterare
l'integrità culturale, i processi ecologici essenziali e la diversità
biologica. Anche il turismo
enogastronomico rappresenta un'importante forma di turismo culturale. Se
ben progettato può diventare una vera risorsa economica e incentivare la
riscoperta degli spazi geografici. E' fondamentale strutturare gli itinerari e
i pacchetti turistici finalizzati a salvaguardare le risorse e a valorizzare
l'esperienza di visita.
L'artigianato costituisce un fattore trasversale di identità
e di sviluppo del territorio e un valore culturale e sociale. Da tempo si
avverte la necessità di un rilancio dell'artigianato artistico cittadino
attraverso la costituzione di botteghe e la commercializzazione dei loro
prodotti all'interno del centro storico che in questo modo rafforzerebbe e
qualificherebbe la propria identità di
centro commerciale naturale. C'è molto da lavorare in questa direzione
incentivando la ristrutturazione e il riutilizzo di locali, ormai abbandonati da
tempo, per destinarli alla riqualificazione dell'artigianato artistico, e
istituendo uno spazio espositivo
permanente al fine di
promuovere le eccellenze
produttive.
Istruzione e Università
Sul territorio di Urbino sono
presenti diverse strutture scolastiche che coprono l'intero percorso formativo
dei ragazzi, dalla Scuola per l'infanzia alle Superiori. Un universo variegato,
contrassegnato da situazioni e bisogni sicuramente diversi, per il quale è
possibile, tuttavia, individuare alcuni punti focali di pertinenza delle
politiche comunali che permetterebbero di migliorare la qualità della vita
scolastica (centrale per ogni comunità che voglia ancora progettare un futuro)
e, contemporaneamente, di fornire anche opportunità lavorative di cui potrebbe
beneficiare la città.
Le direzioni su cui lavorare sono due : una specificamente
tecnica, l' altra più afferente alle dinamiche educative.
Prioritario e non più rinviabile è l' intervento sull' edilizia scolastica, il cui stato di
degrado stride con la tanto conclamata
Educazione alla sicurezza ormai obbligatoria per il personale
scolastico, volto a ripristinare l' agibilità effettiva di aule in cui spesso
piove, o a risanare locali bisognosi da anni di nuova tinteggiatura o cortili
invasi dalle erbacce.
I docenti, in particolar modo quelli delle Scuole dell'
infanzia, lamentano, poi, il drastico taglio delle risorse destinate
all'acquisto di materiale di base, come matite colorate, attrezzature per le
attività motorie ecc.
Accogliere i ragazzi in luoghi puliti, sicuri e funzionali
risponde ad un requisito elementare di civiltà, non esaurisce, tuttavia, la
problematica scolastica, perché ne costituisce solo una doverosa base
materiale. Non rientra certamente nei
compiti di un' amministrazione comunale la definizione di un'offerta formativa e culturale che è di pertinenza
dei singoli Istituti. Tuttavia, le
istituzioni pubbliche possono offrire un valido supporto, laddove si facciano
carico di alcune criticità che la scuola, da sola, non può affrontare e
risolvere.
Di fronte a classi sempre più numerose e alla presenza di ragazzi
con gravi difficoltà di vario tipo, cognitive, linguistiche, relazionali, si
rivela indispensabile il potenziamento
degli educatori per coprire per tutta la durata dell'orario scolastico i
ragazzi con disabilità che spesso sono seguiti dall' insegnante di Sostegno
solo in certe materie e in certe fasce orarie.
Non solo: le situazioni crescenti di disagio scolastico, il cui retroterra è spesso di origine socio-economica,
potrebbero essere affrontate attraverso l' istituzione di dopo-scuola, naturalmente
facoltativi, in cui gli educatori potrebbero sia aiutare i ragazzi nello
svolgimento dei compiti, sia organizzare attività laboratoriali di diverso tipo
che potrebbero anche dare vita ad un
"prodotto" da portare poi fuori, nelle piazze della città, con
mostre, spettacoli, concerti ecc.
A proposito di educatori, si dovrebbero rivedere le modalità di reclutamento e “inquadramento”
contrattuale che passano attraverso le cooperative al fine di ottenere una
trasparenza più adeguata nella selezione ed assunzione del personale e quindi
un servizio più efficiente.
Occorre potenziare i
corsi di alfabetizzazione per gli stranieri, sia nelle ore scolastiche
attraverso l' istituzione di percorsi specifici per i ragazzi da affidare a
personale competente, giovani laureati disoccupati, educatori, sia in orario
extra-scolastico, per coinvolgere le
famiglie degli studenti. Se l' immigrazione pone oggettivi problemi non sempre facili da governare, deve essere
chiaro che il più potente fattore di integrazione è la scuola e che, quindi,
investire in un progetto di questo tipo non riguarda solo gli stranieri, ma
tutta la società.
Una delle conseguenze della crisi economica
è il ritorno a forme di
esclusione dalla scolarizzazione che sembrano riportarci ad un passato in cui
il censo era la condizione necessaria per accedere all'istruzione: diverse
famiglie, straniere, ma anche italiane, non riescono a comperare tutti il libri
di testo per i loro figli: occorre, pertanto, rivedere i parametri economici che danno diritto ad avere i libri
gratuitamente.
° Università
A partire dagli anni Sessanta,
la vita di Urbino è legata a quella della sua università da un rapporto
strutturale indissolubile. Proprio nel rapporto con l’università è collocato il
nucleo dell’identità contemporanea della
città. Ma proprio da questo rapporto emergono anche i suoi principali
problemi.
La scelta strategica che ha legato il destino della città a
quello dell’ateneo, compiuta con il Piano regolatore di De Carlo e Sichirollo,
è stata la mossa che ha assicurato la salvezza e poi lo sviluppo di Urbino per
almeno tre decenni. Ma l’Università, nella visione originaria del Piano, pur
costituendo il centro della vita urbana, avrebbe dovuto essere l’elemento
catalizzatore di una pluralità di funzioni capaci di sostenere un funzionamento
normale della città. Contrariamente alle previsioni, invece, la sua crescita ha
contribuito a determinare una molteplicità di difficoltà.
La prima è lo spopolamento
del centro storico, che ha frantumato la popolazione disperdendola nelle
frazioni e nelle zone di nuovo insediamento e che, con il susseguirsi delle
generazioni, ha rischiato di spezzare lo stesso legame sociale tra i cittadini.
La seconda è lo scarso sviluppo e l’insufficiente
differenziazione delle attività economiche, soffocate dalla monocoltura universitaria e più in
generale da un peso preponderante del settore pubblico (all’università vanno
affiancati l’ospedale e il Comune).
La terza è costituita dal rapporto tra cittadini che risiedono in centro e popolazione
studentesca. Un rapporto che si è fatto sempre più difficile, sino alle
tensioni e agli incidenti degli ultimi anni.
La crescita continua dell’università ha a lungo nascosto e
compensato questi problemi. Nell’ultimo decennio, tuttavia, l’ateneo urbinate
ha incontrato difficoltà crescenti, che non vanno sottaciute.
Il regime di autonomia introdotto negli anni Novanta per
tutte le università italiane aveva azzerato il vantaggio competitivo della
Libera Università di Urbino. Rimaneva a quel punto – in condizioni di
competizione crescente con gli altri Atenei, che andavano moltiplicandosi anche
nelle province e nelle regioni circostanti - solo l’onere di un finanziamento
pubblico pari a un terzo di quello delle università di pari grandezza.
Dopo l'avvenuta statalizzazione, sopraggiunta appena un
attimo prima della bancarotta, oberata da un ingente debito accumulato negli
anni, l’università di Urbino ha dovuto affrontare i nuovi scenari definiti
dalle successive riforme in condizioni di svantaggio. Con un rapporto tra spesa
per il personale e entrate nettamente superiore al 100%, ha dovuto concentrarsi
esclusivamente sul risanamento dei conti e non potendo più svilupparsi ha visto
progressivamente impoverirsi la propria
offerta formativa.
Toccato il picco dei 24.000 studenti all’inizio degli anni
Duemila, l’ateneo di Urbino si è così pian piano assestato sui 14-15.000
studenti. Si tratta di un numero che la città può più facilmente assorbire e
gestire. E però non possiamo nascondere che per l’economia urbana queste cifre
portino con sé il segno di un declino: la crisi dell’università ha messo sotto
gli occhi di tutti quanto distorto fosse stato lo sviluppo della città e lo ha
fatto in una fase nella quale la crisi economica generale del paese si andava
manifestando in tutta la sua gravità.
E’ dubbio che, alla luce dell’ultima riforma (Gelmini) e
soprattutto di una progressiva riduzione
del Fondo di finanziamento ordinario, l’università di Urbino possa
sopravvivere o quantomeno confermare i buoni risultati raggiunti sia per la
didattica che per la ricerca. Già la Valutazione della qualità della ricerca
nel triennio 2010-13 ha mostrato non poche difficoltà.
Nel momento in cui la situazione oggettiva e la scarsità di
risorse pone il problema di una sinergia tra enti formativi compatibili, si
pone il problema se subire passivamente un progressivo depauperamento
dell’ateneo oppure se governare sin d’ora
un processo di federazione e divisione del lavoro con gli altri atenei della
regione, per farne un’occasione di rilancio.
Non spetta alle forze politiche determinare le linee guida
di sviluppo dell’università. Riteniamo necessario tuttavia istituire un tavolo
di confronto permanente, tramite il quale affrontare alcuni problemi cruciali:
- Una maggiore collaborazione può essere occasione per
l’individuazione di settori di espansione economica innovativi e per la
realizzazione di progetti di formazione
continua e di riqualificazione dei lavoratori.
- Lo slogan della Città
Campus ha in realtà coperto una distorsione della vita urbana. Fallita
questa retorica, come dimostra la guerra latente tra cittadini e studenti, si
tratta di determinare assieme alla direzione dell’Università cosa il Comune può
fare per rafforzare la capacità attrattiva dell’ateneo in termini di
accoglienza, servizi, e qualità della vita.
- La questione del giovedì non può essere risolta con strumenti
repressivi. O meglio: non è solo un problema di ordine pubblico e non si può
generalizzare accusando gli studenti interi come categoria. Piuttosto occorre
isolare i pochi vandali e i maleducati che costituiscono una minoranza. Non si
può esser d'accordo con chi propone di creare una struttura fuori del centro
storico, una sorta di serraglio e di sfogatoio dove confinare gli studenti. Il
problema va affrontato in modo diverso, per esempio organizzando il giovedì
sera molteplici attività culturali e/o
ludiche distribuite in punti diversi del centro storico, come è avvenuto
nel felice esperimento della prima notte bianca. Va certamente posto sotto controllo
il consumo eccessivo di bevande alcoliche, ma con strumenti di dissuasione
pedagogica, come limitare la loro vendita fino e non oltre la mezzanotte. Tutto
questo renderebbe più agevole e produttivo il controllo e la prevenzione di fatti spiacevoli che compromettono il
decoro della città e creano tensione tra
gli studenti e i cittadini del centro storico.
Last
but not least
Come si vede, il nostro è un programma vasto ma insieme concreto e
realizzabile. E tuttavia manca una cosa per noi fondamentale, che può
essere scritta solo dai cittadini.
Afferma Paolo Volponi in una delle sue ultime
interviste: “Io non ce l’ho, il piano, lo
deve costruire la gente tenendo ferme alcune cose di partenza. Il lavoro deve
essere fecondato e ripreso, reinventato e così la società”. Ecco: nelle
nostre iniziative e negli incontri che ci saranno con la popolazione, con i
giovani, con gli ospiti del nostro territorio, intendiamo avere il più ampio ascolto e faremo
nostre, inserendole nel programma, le
indicazioni e i suggerimenti che ci verranno sottoposti. Anche in questo,
pensiamo di essere i naturali eredi di Paolo Volponi.
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