I cinghiali sono arrivati in Città, ad Urbino come in tante altri grandi e piccoli centri da Nord a Sud, razzolano nella prima periferia, causando preoccupazione e disagio nei residenti che temono ciò che c’è da aspettarsi: collisioni pericolose con veicoli, piccole e grandi devastazioni di orti e giardini, anche potenziali aggressioni di scrofe allarmate per la sicurezza dei loro piccoli. Tutte ipotesi realistiche a ben vedere.
Da quando i cinghiali sono stati inseriti nel nostro territorio, oltre vent’anni fa, a farne le spese (letteralmente) sono stati in primo luogo gli agricoltori e i residenti fuori le mura. Con la pandemia, approfittando di una maggior libertà di movimento e della tranquillità causata dalle misure anti-covid, che ha costretto tutti ad una vita molto ritirata, hanno avuto via libera e ne hanno approfittato per appropriarsi di spazi limitrofi alle abitazioni.
Dunque occorre fare qualcosa, ma quali sono gli interventi possibili e quelli irrinunciabili? Sgombriamo il campo da equivoci, innanzitutto ci sarebbero moltissimi elementi di polemica sulla mancanza di gestione del fenomeno fino ad oggi, che è alla fonte del problema e che è scaduto in grave trascuratezza, con risvolti da Far West, dove la canna del fucile conta più del ragionamento e del rispetto della legalità.
Ci interessa entrare nel dibattito per avere seguito in questi vent’anni tutti gli sviluppi del fenomeno e averne dovuto assorbire l’urto nella gestione agricola. Qualcuno la chiamerebbe resilienza ma si traduce “ fregatura”, in termini di impossibilità di coltivare la maggior parte delle colture pregiate di legumi, girasole, cereali biologici, che possono subire danni talvolta di molto superiori ai costi di coltivazione. Con il risultato ulteriore di spingere l’agricoltore alla rinuncia e alla rabbia, che sfociano spesso in disperazione. Inoltre fatta la domanda per danni, non potrà che attendere per anni le infinite diatribe interne all’Ambito Territoriale di Caccia, sperando di venire liquidato prima o poi, oppure mai.
Comunque veniamo alle misure di contenimento possibili ed auspicabili. Bisogna utilizzare i recinti di cattura per i gruppi di cinghiali vicino alle case senza lasciarne nessuno, altrimenti quelli rimasti torneranno a riprodursi nella stessa zona. Bisogna diminuire drasticamente il numero di cinghiali nelle campagne limitrofe, allargando la stagione di caccia e introducendo una liberalizzazione delle forme di abbattimento limitatamente a questa specie. Bisogna estendere il controllo alle zone parco: qui si fa prezioso il ricorso al recinto di cattura come metodo; in rete è pieno di esempi su come utilizzare questo strumento che consente di catturare animali vivi per poi decidere la loro destinazione con il non trascurabile vantaggio di poter analizzare lo stato di salute dell’animale e prevenire l’eventuale diffusione di malattie di cui è portatore.
A questo riguardo, si potrebbe mutare il problema in una risorsa dando l’opportunità a cooperative di giovani che possano finanziarsi con frutti della commercializzazione delle carni, che a loro volta sul mercato avrebbero l’indiscutibile vantaggio di una provenienza sicura e del controllo veterinario. Insomma occorre mettersi all’ opera immediatamente, sapendo che sarà necessario un lavoro di lunga durata e che l’unica certezza è che il problema è difficile da risolvere e che non c’è spazio per strumentalizzazioni di parte, ma solo un approccio basato sulle esperienze praticate altrove e sulla evidenza scientifica può essere la chiave per la sua risoluzione
10.5.21
Cinghiali, le proposte di Sinistra per Urbino, "non c'è spazio per le strumentalizzazioni" (vivereurbino.it)