CITTA’ DELLA
PACE E ARMI DI GUERRA.
Qualche
giorno fa sulla stampa locale è apparso un articolo sulla Benelli Armi in cui
si esprimevano preoccupazioni per il protezionismo di Trump dopo che per 17
anni l’azienda ha rifornito il corpo dei marines Usa di fucili di precisione. Quindi
non solo fucili da caccia, ma anche armi da guerra. Come ciò si concilia con la
vocazione di una città che con la lotta partigiana ha voluto gettarsi alle
spalle per sempre gli orrori della guerra? Abbiamo atteso che da Urbino,
autoproclamatasi “Città della Pace”, dai partiti presenti in Consiglio
comunale, tutti pronti a proclamare ad ogni piè sospinto il proprio credo di
pace, dal mondo cattolico così presente nell’associazionismo cittadino, uscisse
almeno qualche timida frase di distinguo e presa di distanza. Invece nulla. A ben
poco serve l’insistere di Papa Francesco contro i “fabbricanti di armi” e “i
mercanti di morte” (“i fabbricanti di armi che sono mercanti di morte dovranno rendere
conto a Dio”). L’aggravante consiste nel fatto che la vendita avviene ad una
potenza, gli Stati Uniti, che è presente con le sue truppe in vari scenari di
guerra (dall’Afghanistan all’Iraq, alla Siria), che fornisce armi a diverse
paesi che sono stati, o lo sono tutt’ora,
sostenitori dei gruppi terroristici più sanguinari, gli stessi che poi incitano
e organizzano attentati nelle città europee. Silenzio anche da parte dei
pacifisti, a cui forse basta esporre una bandiera della pace per mettersi a
posto la coscienza? Un silenzio assordante e colpevole. Eppure il Papa lo ha
spiegato bene: il terrorismo usa quelle armi che vengono fabbricate in
Occidente e che sono le protagoniste nelle varie guerre nel mondo. A chi palesa
obiezioni, dalla numerosa galassia delle forze che si dicono pacifiste, arriva
una sola risposta: tanto se non in Urbino, si fabbricano in un altro posto.
Vale l’italico detto “Francia e Spagna purché se magna” nonostante che il suo perseguimento
abbia portato anche di recente solo sventure. Non solo non c’è alcuna
riflessione sul fatto che le armi fabbricate sono poi usate per uccidere e
devastare con le guerre nazioni a noi vicine, alimentando il flusso dei
profughi, non solo non c’è alcun ritegno nell’apprendere che le armi vengono vendute
a chi è responsabile di varie guerre in violazione della stessa Carta dell’Onu,
ma non c’è alcuna consapevolezza che una
fabbrica d’armi diventa un obiettivo militare, coinvolgendo la comunità civile
a possibili rappresaglie. Ad Urbino, a poche decine di metri in linea d’aria
dalle mura rinascimentali abbiamo così una fabbrica d’ armi da guerra d’elevata
tecnologia, che costituisce un grave danno all’immagine paesaggistica della
città con i suoi magazzini che si ergono
come due imponenti torri, che si è progressivamente mangiata tutto lo spazio
circostante della vecchia stazione - ma come fanno quei partiti che hanno approvato questo scempio, a proclamarsi
paladini del ripristino della ferrovia ? - , che viola la storica vocazione alla
pace della città. L’indifferenza delle rappresentanze politiche in Consiglio
comunale e di certo associazionismo alimenta il degrado morale della città che precede
quello sociale ed economico.
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