giovedì 22 ottobre 2015

LA COSA IBRIDA: CONSIDERAZIONI SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE

Nella Repubblica parlamentare il Governo (potere esecutivo) si regge sulla fiducia del Parlamento (potere legislativo).
Il Parlamento viene eletto a suffragio universale, dunque è l’espressione della sovranità popolare in base all'art 1 della Costituzione. La Costituzione non prevede espressamente il sistema elettorale proporzionale, ma implicitamente sì. Infatti l'art 48/2° comma della Costituzione dice che il voto è libero, uguale e segreto. Solo nel sistema proporzionale il voto è uguale , rispondendo al principio “a ciascuno il suo”; nel sistema maggioritario, invece, conta solo il voto di chi vince: “chi vince vince tutto chi perde perde tutto”
Il Governo è nominato dal Presidente della Repubblica e non, come erroneamente si vuol fare credere, eletto dal popolo.
Una volta nominato, il Governo deve presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia.
Nella Repubblica Parlamentare, dunque, il Parlamento svolge un ruolo centrale. La nostra è una repubblica, come prefigurata dai costituenti del 1946/48, “radicalmente” parlamentare.
Il Governo decide, attraverso la sua maggioranza parlamentare, la politica nazionale. Ciò è pacifico, però dirigere la politica nazionale non può significare invadere un potere che non è (né può esserlo sostanzialmente in base alla teoria della divisione dei poteri da Montesquieu in avanti) suo.
Mi riferisco ovviamente al potere legislativo che non appartiene al Governo ma al Parlamento.
Ciò significa, elementarmente, che se il Governo ha la possibilità di orientare/dirigere, senza ombra di dubbio, la sua maggioranza parlamentare, la forma di governo parlamentare si trasforma, di fatto, in un'altra cosa. Non in una Repubblica presidenziale nella quale i poteri del presidente sono fortemente limitati dal Parlamento che può esprimere una maggioranza diversa dal partito del presidente (come accade adesso negli USA), e una Magistratura assolutamente autonoma dagli altri due poteri, ma in una “cosa ibrida”, cioè formalmente parlamentare ma di fatto né parlamentare né presidenziale: di fatto un “premierato assoluto” senza pesi e contrappesi. Vedremo dopo perché.
Il bicameralismo (il potere legislativo appartiene a due Camere elettive – Camera dei deputati e Senato) può essere perfetto o imperfetto.
Nel primo caso le camere svolgono le stesse funzioni. Nel secondo funzioni differenziate. Ciò avviene ad esempio in Germania, dove all’assemblea legislativa “Bundestag” eletta a suffragio universale, con sistema rigorosamente proporzionale, che elegge il cancelliere, è affiancato un Senato “degli stati” (la Germania è una Repubblica federale) – Bundestrat.
Dico subito che il riferimento che fanno i sostenitori della riforma al sistema tedesco appare incongruo, posto che la Germania ha una “forma di stato” diversa dalla nostra, Federale la Germania, Regionale l'Italia.
Il bicameralismo paritario o perfetto è un retaggio delle monarchie costituzionali del 1800 dove la camera bassa, espressione della borghesia, era elettiva (per censo, sesso e cultura) mentre quella alta, espressione della aristocrazia, era di nomina regia. Il Re confliggeva con la borghesia e quindi voleva una camera per sé.
Il Bicameralismo perfetto ha mostrato tutti i suoi difetti e dunque giustamente deve essere superato, facendo però molta attenzione al mantenimento in equilibrio del sistema, cioè ai rapporti tra Parlamento e Governo.
I costituenti fecero propria la teoria del “governo debole” tristemente memori della teoria e pratica del “governo forte” durante il fascismo.
La teoria del “governo debole” deve essere certamente storicizzata, nel senso che, appartenendo il fascismo al passato remoto, oltre ad un Parlamento forte e rappresentativo, anche il Governo, che è la sua derivazione in una repubblica parlamentare,  deve essere forte.
Il problema è che, se analizziamo, come non possiamo non fare, la riforma costituzionale in “combinata” col sistema elettorale, la conclusione è che a fronte di un Governo forte (troppo) avremmo non già un Parlamento debole, ma a-dialettico e dunque asservito al Governo ed al suo capo.
Vediamo perchè.
L'Italicum (così è stata definita la nuova legge elettorale dopo la bocciatura costituzionale della Consulta del ”porcellum”), prevede, esemplificando, che: se la coalizione B prende al primo turno il 40%+ 1 dei voti, al maggior partito, attenzione, della coalizione, non alla coalizione, sia attribuito il premio di maggioranza; in caso di ballottaggio, vince la coalizione che arriva prima tra le due del ballottaggio ed il premio di maggioranza viene assegnato al maggior partito della coalizione che ha vinto. Ciò significa che il partito che vince le elezioni alla Camera dei deputati ottiene la maggioranza di questa (gli alleati, infatti, per via del premio avrebbero di fatto, solo diritto di tribuna), dà la fiducia al Governo il cui presidente sarà, ovviamente, il capo del partito che ha vinto. Dunque, il capo del partito che vince le elezioni è automaticamente il capo del governo che otterrà, senza discussione, la fiducia, essendo la Camera dei deputati in grande maggioranza del suo partito.
Il Senato non dà la fiducia al Governo, né partecipa (se non in via consultiva, senza di fatto contare) alla formazione della maggior parte delle leggi (sono previste eccezioni per le leggi di revisione costituzionale, comunitarie, riguardanti le regioni e le comunità locali).
E' prevista nella riforma una corsia preferenziale per le leggi di iniziativa governativa; rimane invariato il diritto del governo di chiedere, su singole leggi, la fiducia della Camera eccetera. Stando così le cose: a) il partito di maggioranza della coalizione (o che si è presentato da solo) prende il premio; b) il suo capo va a fare il capo del governo; c) la maggioranza alla camera è garantita, grazie al premio, da un parlamento di nominati (100 sono per legge – trattasi dei capilista in 100 collegi); d) il Senato non dà la fiducia e svolge un ruolo marginale non essendo peraltro eletto a suffragio universale.
Cosa manca perchè si profili un “premierato assoluto”, intendendo con ciò un potere assoluto, non nel senso che al termine “assoluto” fu attribuito alle monarchie del 700 (il sovrano è sciolto dalla legge e detiene tutti i poteri dello Stato), ma il fatto che il capo del partito diventa “governante” e, di fatto, “legislatore”?
In sintesi, un sistema costituzionale, come quello della riforma, potrebbe essere accettato (a parte i dettagli tecnici, ampiamente criticabili, sui quali non mi soffermo) se il sistema di elezione della Camera dei deputati fosse rigorosamente proporzionale con sbarramento minimo.
In presenza di un sistema elettorale fortemente maggioritario, peggiore della “legge Acerbo del 1923” e della “legge Truffa” del 1953, non c'è da stare tranquilli.
Ci hanno provato Craxi e Berlusconi a stravolgere la Costituzione, ma sono stati battuti.
Battiamoci perchè anche Renzi, che è rispettivamente il nipote e il figlio dei predetti, lo sia col referendum.
Il tempo che abbiamo davanti non è molto e quindi ci dobbiamo muovere subito.

Marcello Fagioli

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