LA COSA IBRIDA:
CONSIDERAZIONI SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Nella Repubblica
parlamentare il Governo (potere esecutivo) si regge sulla fiducia del
Parlamento (potere legislativo).
Il Parlamento viene
eletto a suffragio universale, dunque è l’espressione della
sovranità popolare in base all'art 1 della Costituzione. La
Costituzione non prevede espressamente il sistema elettorale
proporzionale, ma implicitamente sì. Infatti l'art 48/2° comma
della Costituzione dice che il voto è libero, uguale e
segreto. Solo nel sistema proporzionale il voto è uguale ,
rispondendo al principio “a ciascuno il suo”; nel sistema
maggioritario, invece, conta solo il voto di chi vince: “chi vince
vince tutto chi perde perde tutto”
Il Governo è nominato
dal Presidente della Repubblica e non, come erroneamente si vuol fare
credere, eletto dal popolo.
Una volta nominato, il
Governo deve presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia.
Nella Repubblica
Parlamentare, dunque, il Parlamento svolge un ruolo centrale. La
nostra è una repubblica, come prefigurata dai costituenti del
1946/48, “radicalmente” parlamentare.
Il Governo decide,
attraverso la sua maggioranza parlamentare, la politica nazionale.
Ciò è pacifico, però dirigere la politica nazionale non può
significare invadere un potere che non è (né può esserlo
sostanzialmente in base alla teoria della divisione dei poteri da
Montesquieu in avanti) suo.
Mi riferisco ovviamente
al potere legislativo che non appartiene al Governo ma al
Parlamento.
Ciò significa,
elementarmente, che se il Governo ha la possibilità di
orientare/dirigere, senza ombra di dubbio, la sua maggioranza
parlamentare, la forma di governo parlamentare si trasforma, di
fatto, in un'altra cosa. Non in una Repubblica presidenziale nella
quale i poteri del presidente sono fortemente limitati dal
Parlamento che può esprimere una maggioranza diversa dal partito del
presidente (come accade adesso negli USA), e una Magistratura
assolutamente autonoma dagli altri due poteri, ma in una “cosa
ibrida”, cioè formalmente parlamentare ma di fatto né
parlamentare né presidenziale: di fatto un “premierato assoluto”
senza pesi e contrappesi. Vedremo dopo perché.
Il bicameralismo (il
potere legislativo appartiene a due Camere elettive – Camera dei
deputati e Senato) può essere perfetto o imperfetto.
Nel primo caso le camere
svolgono le stesse funzioni. Nel secondo funzioni differenziate. Ciò
avviene ad esempio in Germania, dove all’assemblea legislativa
“Bundestag” eletta a suffragio universale, con sistema
rigorosamente proporzionale, che elegge il cancelliere, è
affiancato un Senato “degli stati” (la Germania è una Repubblica
federale) – Bundestrat.
Dico subito che il
riferimento che fanno i sostenitori della riforma al sistema tedesco
appare incongruo, posto che la Germania ha una “forma di stato”
diversa dalla nostra, Federale la Germania, Regionale l'Italia.
Il bicameralismo
paritario o perfetto è un retaggio delle monarchie costituzionali
del 1800 dove la camera bassa, espressione della borghesia, era
elettiva (per censo, sesso e cultura) mentre quella alta, espressione
della aristocrazia, era di nomina regia. Il Re confliggeva con la
borghesia e quindi voleva una camera per sé.
Il Bicameralismo perfetto
ha mostrato tutti i suoi difetti e dunque giustamente deve essere
superato, facendo però molta attenzione al mantenimento in
equilibrio del sistema, cioè ai rapporti tra Parlamento e Governo.
I costituenti fecero
propria la teoria del “governo debole” tristemente memori della
teoria e pratica del “governo forte” durante il fascismo.
La
teoria del “governo debole” deve essere certamente storicizzata,
nel senso che, appartenendo il fascismo al passato remoto, oltre ad
un Parlamento forte e rappresentativo, anche il Governo, che è la
sua derivazione in una repubblica parlamentare, deve essere
forte.
Il problema è che, se
analizziamo, come non possiamo non fare, la riforma costituzionale
in “combinata” col sistema elettorale, la conclusione è che a
fronte di un Governo forte (troppo) avremmo non già un Parlamento
debole, ma a-dialettico e dunque asservito al Governo ed al suo
capo.
Vediamo perchè.
L'Italicum (così è
stata definita la nuova legge elettorale dopo la bocciatura
costituzionale della Consulta del ”porcellum”), prevede,
esemplificando, che: se la coalizione B prende al primo turno il 40%+
1 dei voti, al maggior partito, attenzione, della coalizione, non
alla coalizione, sia attribuito il premio di maggioranza; in caso di
ballottaggio, vince la coalizione che arriva prima tra le due del
ballottaggio ed il premio di maggioranza viene assegnato al maggior
partito della coalizione che ha vinto. Ciò significa che il partito
che vince le elezioni alla Camera dei deputati ottiene la
maggioranza di questa (gli alleati, infatti, per via del premio
avrebbero di fatto, solo diritto di tribuna), dà la fiducia al
Governo il cui presidente sarà, ovviamente, il capo del partito che
ha vinto. Dunque, il capo del partito che vince le elezioni è
automaticamente il capo del governo che otterrà, senza discussione,
la fiducia, essendo la Camera dei deputati in grande maggioranza
del suo partito.
Il Senato non dà la
fiducia al Governo, né partecipa (se non in via consultiva, senza
di fatto contare) alla formazione della maggior parte delle leggi
(sono previste eccezioni per le leggi di revisione costituzionale,
comunitarie, riguardanti le regioni e le comunità locali).
E' prevista nella riforma
una corsia preferenziale per le leggi di iniziativa governativa;
rimane invariato il diritto del governo di chiedere, su singole
leggi, la fiducia della Camera eccetera. Stando così le cose: a) il
partito di maggioranza della coalizione (o che si è presentato da
solo) prende il premio; b) il suo capo va a fare il capo del governo;
c) la maggioranza alla camera è garantita, grazie al premio, da un
parlamento di nominati (100 sono per legge – trattasi dei capilista
in 100 collegi); d) il Senato non dà la fiducia e svolge un ruolo
marginale non essendo peraltro eletto a suffragio universale.
Cosa manca perchè si
profili un “premierato assoluto”, intendendo con ciò un potere
assoluto, non nel senso che al termine “assoluto” fu attribuito
alle monarchie del 700 (il sovrano è sciolto dalla legge e detiene
tutti i poteri dello Stato), ma il fatto che il capo del partito
diventa “governante” e, di fatto, “legislatore”?
In sintesi, un sistema
costituzionale, come quello della riforma, potrebbe essere accettato
(a parte i dettagli tecnici, ampiamente criticabili, sui quali non
mi soffermo) se il sistema di elezione della Camera dei deputati
fosse rigorosamente proporzionale con sbarramento minimo.
In presenza di un sistema
elettorale fortemente maggioritario, peggiore della “legge Acerbo
del 1923” e della “legge Truffa” del 1953, non c'è da stare
tranquilli.
Ci hanno provato Craxi e
Berlusconi a stravolgere la Costituzione, ma sono stati battuti.
Battiamoci perchè anche
Renzi, che è rispettivamente il nipote e il figlio dei predetti, lo
sia col referendum.
Il tempo che abbiamo
davanti non è molto e quindi ci dobbiamo muovere subito.
Marcello Fagioli
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